“Chi sei tu?”

(Di seguito pubblichiamo il discorso introduttivo di Vittorino Curci letto durante l’incontro organizzato dalla Bottega della poesia nell’ambito dei Dialoghi di Trani 2022)


“CHI SEI TU?”

Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.

Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò

di Vittorino Curci

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La poetessa tedesca Marion Poschmann ha dichiarato che il suo libro di poesie del 2004 Grund zu Schafen (Terreno per pecore) in cui compaiono molti elementi naturali (alberi, piante, animali) è stato composto mentre abitava vicino a un cantiere. “Di quel tempo”, dice, “ricordo soprattutto il rumore del martello pneumatico e la vista delle travi di acciaio”. Poschmann dice che in quel periodo della sua vita cercava “di immettere nel presente qualcosa di assente”. Sì, la poesia consente di fare questo tipo di operazioni e spesso si spinge anche oltre. Ci sono parole comuni per esempio che non hanno lo stesso significato per tutti. Un giovane che in primavera è felicemente innamorato non penserà mai che aprile sia il più crudele dei mesi, come diceva Eliot. E c’è anche il caso contrario, e cioè che parole diverse dicano la stessa cosa, come accade in questi versi di un altro poeta tedesco, Oswald Wiener (1935-2021): “Il mio colore preferito è il verde, il tuo il viola; ci piace lo stesso colore perché, se potessimo confrontare le nostre sensazioni, il mio verde sarebbe il tuo viola. Ma per termine di confronto abbiamo solo la lingua”.

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Un hacker per compagno nell’e-silio. Saggio di Antonino Contiliano

ferdinandeatrittico-acrilico-su-tela-40x120-2017-copiaCi sono periodi di altissimo sviluppo che non hanno rapporto diretto con lo sviluppo generale della società né con la base materiale e la cultura portante della sua organizzazione.
Marx
Il forte rilievo dato al potenziale politico delle arti…esprime prima di tutto l’esigenza di una effettiva comunicazione dell’atto di accusa alla realtà costituita e degli obiettivi della liberazione. È lo sforzo di trovare forme di comunicazione capaci di spezzare il dominio oppressivo del linguaggio e delle immagini costituite sulla mente e sul corpo dell’uomo; linguaggio e immagini che sono diventati da molto tempo mezzo di dominio, di indottrinamento e inganno.
Marcuse
Il comunismo è l’abolizione dello stato di cose presente.
Marx

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di Antonino Contiliano

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Sono passati ormai più di vent’anni dal 1979, l’anno in cui Gianni Grana in Epilogo Aperto (ma non è stato il solo nel XX secolo) ha scritto che finché c’è vita, qualunque strumento tecnico inventato si possa arrogare il diritto privilegiato ed escludente della comunicazione, si farà arte e si scriverà poesia. La morte dell’arte e della poesia è, in fondo, però, solo una metafora che nasconde la volontà di eliminare gli spazi della libertà.

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I LIBRI DEGLI ALTRI n.98: Perché si scrivono libri inutili? Un paio di interrogativi ad uso critico (e non solo)

Perché si scrivono libri inutili ? Un paio di interrogativi ad uso critico (e non solo)

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di Giuseppe Panella

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La stroncatura non è un genere letterario che probabilmente non mi si conviene molto e questo spiegherebbe perché finora non ne ho mai scritte di alcun tipo.

Inoltre, fedele all’imperativo di Ludwig Wittgenstein per cui “su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, mi sono sempre astenuto dal criticare severamente alcuno o alcunché.

Anche stavolta non sarà tanto una recensione volutamente impietosa che scriverò quanto una serie di riflessioni su un fenomeno che mi inquieta e mi diverte insieme.

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LE LATITUDINI DEL METODO: Ezio Raimondi e la critica letteraria

Raimondi, Il senso della letteratura. Saggi e riflessioniLE LATITUDINI DEL METODO: Ezio Raimondi e la critica letteraria

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di Giuseppe Panella

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«Il nesso storico in cui si manifesta un’opera letteraria non è una sequenza di eventi fattizia, autonoma, in grado di esistere anche indipendentemente da un osservatore. Il Perceval diviene un evento letterario solo per il suo lettore, per chi legge quest’ultima opera di Chretien ricordando quelle da lui scritte prima, osservando ciò che vi è in esso di caratteristico in rapporto a queste o ad altre opere che già conosca, e che in questo modo acquisisce un nuovo metro di giudizio che potrà applicare alle opere successive. Esso può continuare ad agire solo dove è ancora o di nuovo recepito dai posteri: dove si trovano lettori che fanno nuovamente propria l’opera del passato o autori che vogliono imitarla, superarla o rifiutarla»

(Hans Robert Jauss, Perché la storia della letteratura?)

 

 

Ezio Raimondi – interpretazione come ermeneutica

 

Anche se potrà sembrare ovvio ribadirlo, non sempre la critica letteraria conosce momenti di innovazione continua in cui i processi interpretativi corrono lungo le longitudini del testo. Sovente ci sono momenti in cui occorre ripetere e ritrovare le latitudini del metodo e riepilogare, con pazienza e passione insieme, il cammino già percorso in modo che da esso si possa trarre nuova linfa per l’innovazione ancora a venire.

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Avanguardia open source possibile. Il soggetto “Noi Rebeldía” (Parte 2/2). Saggio di Antonino Contiliano

Avanguardia open source possibile. Il soggetto “Noi Rebeldía”.

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di Antonino Contiliano

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Il differenziale dell’avanguardia open source

 

Il differenziale della parola dell’avanguardia open source e dell’impegno, in questo contesto, non è più volto all’integrazione per chiudere la creazione artistico-po(i)etica nell’integrale di una identità monologica della lingua formattata del cognitivismo informatico, quanto piuttosto disponibile ad accogliere le biforcazioni eterogenee delle singolarità artistiche nel collettivo plurilogico e polisemico del testo collettivo poetico. Il differenziale dell’avanguardia open source è, infatti, come una pluri-sorgente del divenire “noi” delle singolarità molteplici, o una sorgente come insieme di affluenti che si incrociano e mescolano in un nuovo soggetto di ibridazioni. Un processo multiforme e un continuo divenire conflitto contro la formattazione delle forme e delle scritture biodiverse. L’ordine della monologia informatizzata non gradisce delle gemmazioni significanti plurime. Il corpo di queste scritture poetiche sarebbe così una moltiplicazione della forza conflittuale come offesa, oltre che fuga, nei confronti dell’impoverimento della lingua e del suo potenziale di ribellione politica.

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Avanguardia open source possibile. Il soggetto “Noi Rebeldía” (Parte 1/2). Saggio di Antonino Contiliano

avanguardia poeticaAvanguardia open source possibile. Il soggetto “Noi Rebeldía”.

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di Antonino Contiliano

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Il tempo non dona nessuna immobilità alle cose. Forme, materiali e rapporti tra costanti e variabili sono contemporaneamente soggetti e oggetti di una continua trasformazione e ibridazione, dove il luogo della soglia fa valere il tertium datur piuttosto che il tertium non datur. Un luogo multiplo dove il multiplo non si determina ancora come successione ed esclusione, ma pluralità in movimento: è simultaneità di compossibilità eteronome indeterminata e virtuale (una potenzialità che aspetta un passaggio per la realizzazione) di soggetti e soggettività sociali che si relazionano conflittualmente. Un insieme di eventi singolari e singolarità che aspettano la grammatica e la sintassi del pensiero per uscire dal vuoto materiale e che, grazie agli atti dell’astrazione e della prassi, possono concretizzarsi in forme determinate e aperte di produzione e riproduzione. Nessuna forma che configura il reale ne chiude la totalità, esposte come sono all’instabilità degli eventi; e non c’è intreccio che non rimescoli il loro farsi textum. Il dissolversi e il riconfigurarsi delle strutture evenemenziali e delle loro articolazioni non si solidificano in nessun stato di perenne permanenza. Ciò, tuttavia, non impedisce l’accesso alla verità e l’individuazione delle condizioni che la rendono possibile come textum materiale-simbolico-semiotico mixato e immesso nel circolo della comunic-azione. Un intreccio di eterologici che non dissociano mai completamente l’oscurità e la trasparenza degli eventi e la mutua mutazione interconnessa che li definisce e li espone mediante un ordine che, in ogni modo, rimane allegorico, lì dove c’è sempre un extrasimbolico materiale che aspetta di essere messo in scena, in quanto non tutto è stato realizzato.

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DISPOSTI ALL’UBBIDIENZA. Fabio Ciaramelli – Ugo Maria Ulivieri, “Il fascino dell’obbedienza. Servitù volontaria e società depressa”

Fabio Ciaramelli – Ugo Maria Ulivieri, Il fascino dell’obbedienza. Servitù volontaria e società depressaDISPOSTI ALL’UBBIDIENZA. Fabio Ciaramelli – Ugo Maria Ulivieri, Il fascino dell’obbedienza. Servitù volontaria e società depressa, Milano, Mimesis, 2013

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di Giuseppe Panella

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L’obbedienza è una virtù, come lungamente ha sostenuto una tradizione di origine religiosa che parte con i Padri della Chiesa cristiana o è semplicemente l’”altra faccia” dell’ipocrisia, della pigrizia mentale e, in particolar modo, della mancanza di desiderio vitale? L’obbedienza è un fattore positivo della dinamica sociale in quanto permette alle strutture statuali di sopravvivere e operare proficuamente oppure è soltanto il nome che ha preso, in epoca moderna, la disposizione dell’eterno consenso umano all’oppressione tirannica? In che cosa consiste la “servitù volontaria”?

E’ quanto si chiedono Fabio Ciaramelli e Ugo Maria Ulivieri in un saggio denso e incisivo, ben fondato filologicamente e pieno soprattutto di inquietanti interrogativi.

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L’allegoria comunista del poeta Emilio Piccolo

Emilio Piccolo
Emilio Piccolo

a Emilio Piccolo

non sempre chi va via va via

tu andandotene sei rimasto

a.c.

L’allegoria comunista del poeta Emilio Piccolo

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di Antonino Contiliano

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È vero, la globalizzazione capital-neoliberista ha cambiato molte cose. Nessun stile di vita, singolare e sociale, dentro e fuori i confini di ciascuno popolo, è rimasto indenne. In questo passaggio, – che, tra XX e XXI, ha toccato strutture e sovrastrutture modificandole profondamente, – se da un lato rimangono costanti i rapporti di identità e potere del capitalismo egemone, dall’altro, a fronte dell’avanzare della comunicazione di massa, gestita dai nuovi media e “nuovi intellettuali collettivi organici” – tv e www –, il linguaggio e il pensiero della cultura e della ricerca critica, pur perdendo i vecchi punti di riferimento, aprono altre prospettive di revisione e progettazione. Il rullo compressore dell’azione neoliberale e ipermoderna ha impoverito ogni linguaggio; ogni segno e parola hanno perso la profondità per far spazio agli algoritmi della velocità digitale, piegandoli solo ai mercati e ai conti dei costi e ricavi di classe, alle identità dequalificate e degradanti dell’omogeneizzazione della finanza e dei salotti dell’audience. La logica dello scambio e della valorizzazione capitalistica, rivoluzionandosi, ha cambiato sola forma. La sostanza è rimasta invariata; anzi si è fatta più triste e perversa: la liberalizzazione, e non solo per caso, si è trasformata in una gabbia elettroinformazionale di disciplina e controllo più pervasiva e diffusa che mai.

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IL PLUSVALORE DELLA POESIA, IL SIGNIFICANTE NON MERCIFICABILE NÉ DIGITALIZZABILE VS I CLOMINIMEDIA (parte III). Saggio di Antonino Contiliano

Il linguaggio della poesia contro-tendenzaIl plusvalore della poesia, il significante non mercificabile né digitalizzabile VS I CLOMINIMEDIA

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di Antonino Contiliano

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Il linguaggio della poesia contro-tendenza

 

Se la terza rivoluzione industriale capitalistica è quella che sfrutta il linguaggio automatizzandolo pur nei modi sofisticati degli algoritmi elettro-informatici, ma sempre come linguaggio omologo al capitale e alla sua riorganizzazione, perché non pensare il  linguaggio della poesia come una rivoluzione e un agire in tendenza opposta?

In quanto divenire libertà cooperativo-plurale di costanti e variabili simbolico-semiotiche eterogenee, la cui significanza rimane una forza viva e potente innovazione creativa ed euristica, il linguaggio dei testi poetici ha, infatti, e propone, una politicità pluralizzata di lotta senza pari. La potenza dei suoi sensi esorbitanti e di soglia “indecidibile” (come il teorema di Gödel in logica matematica: se coerente è incompleto; e se completo è incoerente) non abiura all’impegno della responsabilità etico-politica verso il futuro. È come se fosse l’etica della poesia a chiamare verso l’impegno nella realizzazione di nuovi rapporti con le cose. Il tempo dell’a venire, disponibile a realizzare i valori dell’essere antagonista, infatti, non ha senso alcuno al di fuori del suo rapporto espressivo eversivo segni-cose. Una vera e propria dismisura estetico-politica che, in certo qual modo, si com-misura con quell’istanza morale emergente che, in una globalità voluta a-teorica e a-conflittuale, si vorrebbe conciliatrice, ma in realtà (se sola) è occultatrice del “reale”, delle sue contraddizioni e dei suoi antagonismi politico-sociali.

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IL PLUSVALORE DELLA POESIA, IL SIGNIFICANTE NON MERCIFICABILE NÉ DIGITALIZZABILE VS I CLOMINIMEDIA (parte II). Saggio di Antonino Contiliano

Poesia, significante non mercificabile né digitalizzabileIl plusvalore della poesia, il significante non mercificabile né digitalizzabile VS I CLOMINIMEDIA

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di Antonino Contiliano

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Poesia, significante non mercificabile né digitalizzabile

Il linguaggio poetico e la sua capacità di azione dirompente, la sua astrazione particolare quanto la sua stessa capacità di  mettere in moto immaginazione e ipotesi come altri punti di vista, come si verifica nei processi degli “esperimenti mentali” scientifici e della stessa astrazione matematica, è cosa da non sottovalutare come modo di agire, conoscere, comunicare e con-astrarre immaginativo diversi, oppositivi e alternativi. L’astrazione, più dell’intuizione, permette sia alle scienze quanto alla poesia di escogitare e ipotizzare versioni nuove e alternative di realtà, che, sebbene contaminate dalla logica fantastica e ana-logica, non perdono mai di vista le possibilità di realizzazione e applicazione (docet, per esempio, la storia dei numeri immaginari e delle città utopiche).

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IL PLUSVALORE DELLA POESIA, IL SIGNIFICANTE NON MERCIFICABILE NÉ DIGITALIZZABILE VS I CLOMINIMEDIA (parte I). Saggio di Antonino Contiliano

CLOMINIMEDIAIl tempo è rivestito di indumenti diversi a seconda del ruolo che riveste nei nostri pensieri.
John Wheeler
Il tempo viaggia in posti diversi con persone diverse. Ti dirò con chi il tempo va all’ambio, con chi al trotto, con chi al galoppo, e con chi sta fermo.
William Shakespeare
Noi deduciamo la nostra estetica, come pure la nostra moralità, dai bisogni della nostra lotta.
Bertolt Brecht

Il plusvalore della poesia, il significante non mercificabile né digitalizzabile. VS I CLOMINIMEDIA

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di Antonino Contiliano

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Siamo nel pieno avanzamento dell’economia dell’immateriale industrializzato (la svolta post-fordista), l’economia capital-neoliberista che nei suoi processi produttivi espropria e sfrutta il cervello/mente, il linguaggio e gli affetti, l’informazione e la comunicazione, il cognitivo e le relazioni cooperative mentre, dall’altro lato, cura l’occupazione della terra delle soggettivazioni sociali con l’ausilio complementare delle nuove protesi macchiniche quali il computer e internet.

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Una Lettera di Philip K. Dick: “definirò la science fiction dicendo cosa non è sf”

[Trascrivo qui la lettera di Philip K. Dick del 14 maggio 1981 tratta da: Philip K. Dick, Prefazione, in Tutti i racconti. Le presenze invisibili, introd. Vittorio Curtoni, Mondadori, 1994, pp.13-14. (f.s.)]

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Per cominciare, definirò la science fiction dicendo cosa non è sf. Non la si può definire “un racconto (o un romanzo o un’opera teatrale) ambientato nel futuro” visto che esiste l’avventura spaziale, che è ambientata nel futuro ma non è sf. E’ soltanto questo: avventure, lotte e guerre, nel futuro e nello spazio, che comportano una tecnologia super-avanzata. Allora perché tutto questo non è sf? Sembrerebbe esserlo, e Doris Lessing, per esempio, crede che lo sia. Pero all’avventura spaziale manca l’idea nettamente nuova che è un ingrediente essenziale della science fiction. E inoltre, può esistere una sf ambientata nel presente: il racconto o romanzo che parla di un mondo alternativo. Quindi, se separiamo la sf dal futuro e anche dalla tecnologia super-avanzata, cosa ci resta che si possa chiamare science fiction?

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Remainders n.8: Giorgio Manganelli, “La penombra mentale”

Giorgio Manganelli, La penombra mentale. Interviste e conversazioni 1965-1990, a cura di Roberto Deidier, Editori Uniti, 2001, pp.237,€ 15,50 (in internet a metà prezzo)

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di Francesco Sasso

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In questa raccolta di interviste e conversazioni di Giorgio Manganelli (nato a Milano nel 1922, morto a Roma nel 1990), l’autore de Hilarotragoedia (1964) si rivela nella sua complessità di uomo e autore, e le interviste si fanno gioco iperbolico, virtuosismo mimetico, estenuante arte combinatoria, così come le sue opere. In alcune conversazioni, Manganelli fa la parodia a se stesso, talvolta conferisce al genere intervista uno statuto irreale, dissacrando la Letteratura con l’ironia e il sarcasmo.

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DISPOSITIVI DEL FANTASTICO. L’horror, il fantasy, la sword & sorcery. Saggio di Giuseppe Panella

«Si aggirava spesso a rapidi passi per la pianura; quando un giorno il cielo azzurro gli apparve segnato da grandi strisce di sangue che dalla valle arrivavano a coprire la città di Samarah. Poiché questo spaventoso fenomeno sembrava raggiungere la sua torre, Vathek pensò sulle prime di accorrere laggiù per vederlo più da vicino; ma sentendo di non potere andare avanti, sopraffatto dall’inquietudine, nascose il volto nelle pieghe della veste. Per quanto terrificanti, fossero questi prodigi, l’impressione che producevano su di lui era appena momentanea e serviva solo a stimolare il suo amore del meraviglioso. Perciò, invece di tornare al palazzo, egli tenne fermo nella decisione di non muoversi…»                 (William Beckford, Vathek)
«Il cuore di ciascuno di noi rimane misterioso in eterno, in quanto dotato di una volontà sua propria. Si mise a scrivere e, facendolo, capì un’altra cosa: che la casualità governa ogni angolo dell’universo tranne i recessi del cuore umano»
(David Guterson, La neve cade sui cedri)
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di Giuseppe Panella*

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1. “L’unica passione della mia vita è stata la paura” (Thomas Hobbes)

Del Fantastico come genere letterario abbiamo ormai una buona tipologia e diversi tentativi (anche accurati, anche se nessuno soddisfacente) di analisi e spiegazione teorica. Li si vedranno all’opera a partire dal meccanismo socio-culturale impiantato da Romolo Runcini per finire con quello psico-formalistico di Tzvetan Todorov. Ce ne sono poi parecchi altri, tutti interessanti e stimolanti ma nessuno certamente definitivo. Manca invece una teoria sia formale che psicologica del Fantasy e delle sue diverse allocazioni letterarie a partire dalla Sword & Sorcery per finire con le diverse ramificazioni (e strutturazioni) dell’ Heroic Fantasy.

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BIBLIOGRAFIA TEORICA SUL FANTASTICO. A cura di Francesco Sasso

Ecco una ricostruzione teorica del fantastico che può costituire il punto di partenza di ogni indagine genealogica sulla letteratura fantastica. Lascio i commenti aperti, lieto se il lettore vorrà segnalarci altri studi sul fantastico. (f.s.)

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a cura di Francesco Sasso

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AA.VV., La narrazione fantastica, Pisa, Nistri-Lischi, 1983

AA. VV., I piaceri dell’immaginazione: studi sul fantastico, a cura di Biancamaria Pisapia, Roma, Bulzoni, 1984.

AA. VV., Geografia, storia e poetiche del fantastico, a cura di Monica Farnetti,
Firenze, Olschki, 1995.

AA.VV., Lo specchio dei mondi impossibili. Il fantastico nella letteratura e nel cinema, a cura di Cristina Bragaglia, G. Elisa Bussi, Cesare Giacobazzi e Gabriella Imposti, Firenze: Aletheia, 2001

AA. VV., Desiderio e trasgressione nella letteratura fantastica, a cura di Michela Vanon Alliata, Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 2002.

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Intellettuali abbandonano lo “stato di minorità”. Il Manifesto dei “T/Q”. Saggio di Antonino Contiliano

Intellettuali abbandonano lo “stato di minorità”. Il Manifesto dei “T/Q”

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di Antonino Contiliano

Vero è che l’“effetto farfalla” non interessa solo i fenomeni delle turbolenze climatiche e quantistiche, se voci isolate, o brezze appena parse, e poi sparse nel deserto del dissenso politico-culturale italiano, a poco a poco cominciano, viaggiando, a coagularsi in correnti più o meno alternate e zigzagate, e poi ancora fino a depositarsi fra le righe di un manifesto. Così è il caso del manifesto (2008) della “Polietica” di Valerio Cuccaroni e di quello (2011) del movimento “TQ” dei primi firmatari (in un incontro “di oltre cento invitati presso la sede della casa editrice Laterza di Roma, a fine aprile 2011, in risposta ad un appello di Giuseppe Antonelli, Mario Desiati, Alessandro Grazioli, Nicola Lagioia e Giorgio Vasta”); il lancio dei due Manifesti cioè che ha allertato poeti e letterati, in genere, e che via via ha accumulato adesioni sempre numerose e qualificate.

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Ju.M. Lotman, la modellizzazione

 di Eleonora Ruzza

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Quale funzione semiotica hanno l’incipit e l’explicit nel romanzo? Una risposta si trova nella «modellizzazione» che la Struttura del testo poetico (1970) di Lotman attribuisce alla lingua artistica, e in particolare alla cornice dell’opera.

Atto comunicativo e mezzo di trasmissione dell’informazione artistica, l’opera d’arte è per Lotman un testo scritto in una «lingua di modellizzazione secondaria», che si costruisce con il «materiale della lingua naturale», ed è nella sua essenza una simulazione del mondo (1). Essa si configura come una «struttura complessa» – in grado di comunicare «un volume di informazioni che sarebbe assolutamente impossibile trasmettere con i mezzi della struttura linguistica normale» – all’interno della quale il piano dell’espressione e quello del significato istituiscono una relazione tale che gli elementi del primo risultano semantizzati, mentre quelli del secondo subiscono un’inevitabile «formalizzazione» (2). Nel paragonare la struttura dell’opera artistica ad un edificio il cui progetto (l’idea dell’autore) coincide con l’organizzazione sistematica delle parti costruttive, Lotman sottolinea la centralità del concetto di delimitazione, da cui dipende il valore metalinguistico delle frontiere testuali: per il loro statuto liminare esse richiamano alla «coscienza» del mittente e del destinatario l’intero repertorio dei segni e delle regole sintattiche che reggono i loro rapporti – e rappresentano quindi una zona di passaggio tra la langue e la parole, tra la dimensione sovraindividuale del sistema e quella individuale del prodotto artistico.

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F.Kermode e il senso della fine

di Eleonora Ruzza

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Se nella Filosofia del «come se» (1) Hans Vaihinger riconduce l’intera attività conoscitiva alle finzioni, quali strumenti di difesa contro le ostili contraddizioni dell’ambiente esterno, con The Sense of an Ending (1967) Kermode inaugura gli studi sui confini romanzeschi, attribuendo al come se del novel la funzione di restituire alla linearità del vivere la coesione della forma chiusa. Immerso nel flusso del tempo e imprigionato nella condizione del mezzo, l’individuo è indotto a costruire «finzioni esplicative» in grado di dare un ordine all’incompiutezza delle continue trasformazioni, e rendere tollerabile la successione.

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E.W. Said e il senso dell’inizio

di Eleonora Ruzza

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Pubblicato nel 1975, Beginnings fonda il «senso dell’inizio» con l’intento di dimostrare come il romanzo e il testo siano forme di principio che riflettono il modo in cui l’individuo si rapporta al mondo reale (1). Riconoscendo nella pratica e nella teoria del cominciare la necessità antropologica di fissare un punto di partenza, Said incentra la sua indagine sul concetto di intenzione, concepita come forza che dà avvio al processo di significazione, e più estesamente all’agire, e che si esplica non solo nella forma dell’iniziativa ma anche in un atto di genetico ottimismo sulla possibilità di un seguito. Ciò non significa tuttavia che nell’intenzione vi sia già la predeterminazione di un fine preciso: essa coincide piuttosto con la presupposizione dell’esistenza di un «contenitore» spazio-temporale riempibile in virtù di un principio di continuità (2).

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“Canone e anticanone. Viatico per una ricognizione” di Fausto Curi

Fausto Curi, Canone e anticanone. Viatico per una ricognizione, in «Intersezioni», XVII, dicembre 1997, pp.pp.495-511

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di Francesco Sasso

 


In origine si parlava di generi letterari e non di canone letterario, cioè dell’esigenza da parte di alcuni letterati di individuare i rapporti e di ordinare le opere letterarie in base a caratteri simili, al fine di pervenire alla definizione di modelli per ciascun genere per poter poi esprimere un giudizio critico sulla validità dell’opera. Così gli scrittori pre-illuministi e pre-romantici dovettero scegliere di fronte alla tradizione: aderire ad un modello oppure discostarsi da esso.

A riflettere sull’operazione letteraria e a fornire un impianto teorico furono in molti: Aristotele, Orazio, Quintiliano, per esempio nell’antichità. Nella letteratura italiana non possiamo dimenticare Dante (De vulgari Eloquentia), Bembo (Prose della volgar lingua), Leopardi (Crestomazia italiana e Zibaldone), tanto per citare alcuni illustri.

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“Poesia”, di Giuliana Lucchini

La linea di un segno che parlando
non dice
viaggia sulla direttrice medesima del segno
che dice non parlando

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di Giuliana Lucchini

Da quando la metrica è stata di fatto abbandonata e il verso si è ritenuto libero da rima, altre esigenze di poesia premono sul testo.

Oggi si prediligono percorsi poetici di valenza enigmatica, scrittura informale che dicendo cela.

Accostamenti imprevisti sul suolo lessicale, parole a ruota libera, su lastricato scivoloso in quanto si può saltare di palo in frasca seguendo i flussi della coscienza, le cadute, se ci sono, sono occultate dalla ovvietà del risultato. Il poeta si innamora di ciò che scrive, non taglia, non elimina. Tutto è possibile: “fuorché dire qualcosa”, commenta Alfonso Berardinelli.

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Il carattere razionale dell’arte. Galvano della Volpe, “Critica del gusto”

di Francesco Sasso

Galvano della Volpe (1895-1968) con Critica del gusto formula una teoria organica della letteratura nell’ambito dell’estetica materialistica e marxista. Egli afferma il valore razionale, e non sentimentale, dell’opera artistica (a riguardo si veda il capitolo primo, «Critica dell’ ”immaginazione” poetica»). Il carattere razionale dell’arte, sostiene Della Volpe, è unità, coerenza, armonia. Per Della Volpe la forma è concetto, mentre il contenuto è materia molteplice del sensibile, dell’immaginazione.

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IL TERZO SGUARDO n.12: Attraverso lo specchio del fantastico. Giovanni Agnoloni, “Nuova letteratura fantasy”

Il primo sguardo da gettare sul mondo è quello della poesia che coglie i particolari per definire il tutto o individua il tutto per comprenderne i particolari; il secondo sguardo è quello della scrittura in prosa (romanzi, saggi, racconti o diari non importa poi troppo purché avvolgano di parole la vita e la spieghino con dolcezza e dolore); il terzo sguardo, allora, sarà quello delle arti – la pittura e la scultura nella loro accezione tradizionale (ma non solo) così come (e soprattutto) il teatro e il cinema come forme espressive di una rappresentazione della realtà che conceda spazio alle sensazioni oltre che alle emozioni. Quindi: libri sull’arte e sulle arti in relazione alla tradizione critica e all’apprendistato che comportano, esperienze e analisi di oggetti artistici che comportano un modo “terzo” di vedere il mondo … (G.P.)

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di Giuseppe Panella

Attraverso lo specchio del fantastico. Giovanni Agnoloni, Nuova letteratura fantasy, Broni (Pavia), Eumeswil Edizioni, 2010*


Questo libro colma un vuoto e pone le basi per una nuova possibile ripartenza negli studi in questo settore provandosi a rispondere ad alcune domande sulla natura dei generi legati al fantastico che finora sono rimaste inesitate, scarsamente sviluppate sotto il profilo della teoria della letteratura rimaste pressoché senza risposta.

Continua a leggere “IL TERZO SGUARDO n.12: Attraverso lo specchio del fantastico. Giovanni Agnoloni, “Nuova letteratura fantasy””

FRANCESCO ORLANDO. Un ricordo, uno spunto di discussione.

di Giuseppe Panella

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«… perché era un vero poeta e del partito del diavolo senza saperlo»

(William Blake, Il matrimonio del cielo e dell’inferno)

1. E’ ormai evidente che sto diventando vecchio per il fatto che continuo a ripetere sempre più spesso che “mi ricordo, sì, mi ricordo…”. Eppure casi recenti come la scomparsa di un maestro della critica e della teoria letteraria come Francesco Orlando non possono che scatenare in me una ridda di ricordi che vanno sempre più indietro nel racconto della mia vita.

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Per una nozione dinamica di genere. Paolo Bagni, “Genere”

di Francesco Sasso

Ogni opera letteraria si pone sempre in un determinato rapporto con le opere del passato, con la tradizione. L’esigenza di individuare tali rapporti, e di ordinare le opere letterarie per generi secondo caratteri simili, è un aspetto fondamentale dello studio della letteratura. Naturalmente, l’attenzione degli studiosi si è spostato dall’adesione al modello alla tendenza a discostarsi, fino alla possibilità di mescolanza dei generi o del rifiuto totale.

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E. RAIMONDI, “La critica simbolica” in “Anatomia della critica” di Northrop Frye

[Ho riletto l’opera fondamentale del canadese Northrop Frye (1912-1991), Anatomia della critica, apparsa nel 1957 (traduzione italiana nel 1969). Lo studioso propone una complessa sistemazione letteraria, recuperando Aristotele e la tradizione classica, rivisitata in una prospettiva antropologica e psicanalitica (concezione archetipica di Jung).

Non sono in grado di riassumere qui il pensiero di Northrop Frye. Quindi trascrivo alcune pagine di Raimondi che con chiarezza scrive: (f.s.)]

«Anche qui si muove dal concetto di rito e si ravvisa in esso l’origine del racconto, essendo il rito una sequenza temporale di atti con un significato recondito, laddove invece le strutture di immagini sono frammenti di significati, di origine oracolare, che derivano da un istante epifanico, senza rapporto diretto col tempo. Il mito è forza centrale  che dà significato archetipica al rito e racconto archetipica all’oracolo; e perciò il mito equivale all’archetipo, sebbene propriamente il mito si riferisca al racconto e l’archetipo al significato.

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“La metafora nel Medioevo latino” di Umberto Eco

La metafora è il più importante dei tropi, ovvero l’elemento più tipico del linguaggio poetico. Ma la metafora abbonda anche nella lingua quotidiana, tanto che alcune metafore sono divenute consuete. Vi segnalo quindi il saggio La metafora nel Medioevo latino di Umberto Eco pubblicato dalla rivista Doctor Virtualis, No 3 (2004).

Abstract

La metafora nella tradizione retorica medievale. Filosofia, teologia e limiti del discorso metaforico. Metafora, allegoria e simbolismo. Tommaso, Dante e lo pseudo Dionigi

______________________________

Eco, U. (2008). 3. La metafora nel Medioevo latino. Doctor Virtualis, 0(3). Recuperato 2009-12-19, da http://riviste.unimi.it/index.php/DoctorVirtualis/article/view/51/79

 

f.s.

“RIFRAZIONI DEL SUBLIME. DALL’ ORRORE AL GROTTESCO”. Saggio di Giuseppe Panella

Nettuno

di Giuseppe Panella

 

«Sublime. Termine designante un tipo di esperienza estetica – fatta oggetto di ampia discussione  – che è distinta da quella di bello. Nell’estetica contemporanea ogni riferimento al sublime è da tempo caduto in disuso. Già Benedetto Croce negava a questo concetto una genuina valenza estetica, ravvisando in esso un esclusivo riferimento morale; ma neppure in questa sede la filosofia del nostro secolo ha ritenuto opportuno riservare al sublime sviluppi concettuali nuovi o fecondi»

(Enciclopedia Garzanti di Filosofia)

«Rifrazione. Deviazione dei raggi luminosi, rispetto alla direzione originaria, che si verifica sulla superficie di separazione di due mezzi otticamente diversi quando i raggi passano dal primo al secondo mezzo»                         (Enciclopedia Europea Garzanti)

 

1. Sul crinale dell’ombra: considerazioni inattuali

 

L’esercizio della ricerca può insegnarci a evitare equivoci, non a fare scoperte fondamentali. Ci rivela le nostre impossibilità, i nostri limiti severi. Questa mia possibile ricostruzione teorica con variazioni sul tema del sublime può essere attribuita ad un genere: la storia concettuale di figure (o momenti) dell’esperienza estetica e letteraria. Si tratta di un tentativo che ha bisogno di un terreno assai fertile di coltura per avere qualche possibilità di successo dato che l’espressione prima utilizzata può essere considerata quasi un ossimoro: il concetto si forma attraverso astrazioni, la letteratura (la poesia, soprattutto) mediante le sue immagini, i suoi sogni, i suoi miti fondativi.  

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Il ruolo del lettore. Breve nota bibliografica

Occorre distinguere il lettore reale (o empirico) dal lettore ideale o lettore modello. Il primo è soggetto storicamente variabile, legge l’opera, “aperto” e potenzialmente indefinito. Il secondo è ipostasi della perfetta comprensione del testo nella complessità del suo messaggio.

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La paraletteratura. Breve nota bibliografica

Una parte considerevole dei prodotti dell’industria culturale destinati al consumo dell’immaginario rientra nella paraletteratura, termine col quale si indica un ampio insieme di generi prevalentemente narrativi: dal fumetto ai fotoromanzi, fino ai numerosi sottogeneri di romanzo (giallo, fantascientifico, poliziesco, thriller, horror etc).

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(R)eplica: “Lost and found”- di Marco Giovenale

pianeta blu

di Marco Giovenale

1

non c’è niente di ‘normativo’ o autoritario nel chiedere attenzione per alcuni linguaggi, niente di prescrittivo. niente di insensato nel fare uso di più linee di ricerca. di sperimentazione. (attestate o meno, frequentate o meno).

in certi casi si tratta di linguaggi o direzioni o fronti semplicemente avviati dalle avanguardie. e solidi ormai in lingue e culture. (specie poi nell’immaginario visivo).

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Divisioni spostate e allegoria “riflettente” (Parte II) di Antonino Contiliano

[Pubblichiamo la seconda parte di Divisioni spostate e allegoria “riflettente”, capitolo di un libro in fieri di Antonino Contiliano. [QUI] la prima parte del capitolo. f.s.]

di  Antonino Contiliano

 

Divisioni spostate e allegoria “riflettente”. Parte II

La razionalità tecno-scientifica occidentale, dice Latouche, soprattutto la scienza economica, che ha voluto dimostrare “la verità del liberalismo”, ha perso il suo contatto con la realtà diventando solo calcolo razionalizzato; identificando razionalità e calcolo razionalizzato, la ragione scientifica occidentale ha eluso e escluso la potenza critica del dire-altrimenti dell’allegoria “riflettente”. La sua razionalizzazione, promettente universale e libera socializzazione, si è dunque svuotata di ogni sostanza. “Essa si è trasformata in qualcosa di totalmente astratto e inafferrabile, ma lo spirito di geometria che ha occupato il posto vuoto la oppone vieppiù al ragionevole”(37); ha perso la razionalistica oggettività che prospettava il futuro come il progetto di una buona società del vivere e fare, insieme, il bene. Ma se questo è vero, è anche vero il fatto che il suo stesso razionalismo calcolistico, progressista e sviluppista, si infiltrava nelle coscienze con la seduzione e la persuasione dei grandi “racconti”, e non senza arte retorica. Il che, come ricorda Jean-François Lyotard, comportava far credere che nella modernità, e nella riedizione della modernizzazione post-moderna, fosse possibile ancora il “racconto” di un’altra epopea.

 

“A parte gli scientisti, coloro cioè che contro ogni evidenza credono nell’immanenza del discorso scientifico o nell’immanenza di un metadiscorso garante ultimo della scientificità (logica matematica o epistemologia), gli scienziati, compresi gli esperti nelle scienze naturali, riconoscono che il discorso scientifico si basa su un insieme di “valori”e di “postulati”. Questi devono ottenere l’adesione almeno dei loro pari, se non del grande pubblico. La formulazione stessa di tale dispositivo, indissociabile dal procedimento scientifico, può essere attuata soltanto ricorrendo al linguaggio volgare, caratterizzato da una ineluttabile polisemia e da una insopportabile ambiguità. Convincere e sedurre – in questo consiste l’essenza stessa della retorica – diventano dunque parte integrante del lavoro dello scienziato se non del lavoro scientifico”. (38)

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Divisioni spostate e allegoria “riflettente” (Parte I) di Antonino Contiliano

[Pubblichiamo in anteprima un altro capitolo di un libro in fieri di Antonino Contiliano: Divisioni spostate e allegoria “riflettente”. Inoltre [QUI] potete leggere il quinto capitolo: “Mediterraneo e Identità plurale”. f.s.]

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di  Antonino Contiliano

Divisioni spostate e allegoria “riflettente” . Parte I

Perché mettere insieme matematica e poesia e cercare un passaggio attraverso il fiocco di neve della curva di von Koch e i versi di una poesia costruita secondo una tecnica chiamata a “palla di neve”?; e perché coniugarle insieme all’interno di una riflessione che vuole ritrovare nella poesia sperimentale un giudizio riflettente estetico-politico, e in tutto questo un incrocio che orienti verso una scrittura letterario-poetica impegnata scolando il mondo con il colino dell’allegoria, il filtro che non è estraneo neanche alle scienze matematico-fisiche e fisico-matematiche contemporanee come risulta dal pensiero di Walfgang Pauli e dal carteggio con Jung?

I modelli matematici della microfisica, infatti, non sono esenti da interpretazioni diverse (allegorizzanti) lì dove il modello matematico e spazio-temporale delle frequenze delle radiazioni atomiche (basterebbe pensare alle ipotesi di Schrödinger e di de Broglie) è un dire-altrimenti differenziato del comportamento dello stesso “oggetto”: la cosa non è quella che appare, ma ciò che l’intelletto ne concettualizza come funzione-ipotesi. La riflessione organizza così un giudizio allegorico riflettente per un perché e un come diverso da quello che la sensibilità e la percezione offrono direttamente e immediatamente all’apparire. Ma non per questo l’apparire è un’illusione; è un livello di realtà che da solo non regge.

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Il ritmo determina la struttura poetica del discorso poetico

Il verso si contrappone alla prosa grazie al ritmo che determina la struttura del discorso poetico, “deformandolo”:

 

«Tale deformazione pervade il discorso in tutti i suoi aspetti; il fatto che dobbiamo soffermate l’attenzione su ogni parola, per “ascoltarla”, acuisce la percezione di ogni singola parola. Le parole nel verso sembrano sporgere, venire in primo piano, mentre in prosa scivoliamo su di esse, soffermandoci solo sulle parole centrali della frase. Il fatto che il discorso non sia continuo, ma disposto in serie, più o meno isolate, crea particolari associazioni fra le parole della stessa serie, o fra parole di serie parallele disposte in modo simmetrico. Il significato e la concatenazione dei significati sono governati da corrispondenze ritmiche; questo non avviene in prosa, dove invece tali corrispondenze sono costruite secondo la linea espressiva del discorso determinata dalle parole» (1)

 

B. TOMASEVSKIJ, Teoria della letteratura, Milano, Feltrinelli, 1975, p.113

f.s.