Parlare in un’altra lingua, vivere in un altro corpo. Anna Vincitorio, Il limo di Eva, Cagliari, La Riflessione – Davide Zedda Editore, 2010
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di Giuseppe Panella*
Giuseppe, il protagonista assoluto, del testo narrativo di Anna Vincitorio vive in un corpo che non sente essere il suo. Vorrebbe essere Lucia, avere la possibilità di sentirsi una donna, fare la sua vita, non essere costretta a un nome e a una condizione che non sente propria. Soprattutto vorrebbe parlare con la lingua di una donna. Gilles Deleuze e Felix Guattari hanno mostrato, in un loro celebre libro su Kafka, che il grande scrittore praghese ha composto i suoi capolavori linguistici in una lingua che non era quella parlata dalla maggioranza dei suoi compatrioti boemi ma apparteneva ad una “letteratura minore”, il tedesco utilizzato dalla comunità ebraica della capitale della Cecoslovacchia. Anche Lucia-Giuseppe parla in un’altra lingua – vorrebbe che fosse liscia e delicata come quella di una donna, è costretta ad avere le forme spezzate e sporgenti della loquela maschile. Vorrebbe avere un corpo di donna ma è limitata dall’anatomia di un maschio e dalle sue attribuzioni sessuali secondarie e deve fare ricorso all’elettrocoagulazione per poter evitare la barba e altre pelosità tipiche di un uomo maturo. Nonostante questo, il suo fisico è delicato e dolcissimo (così viene definito nel libro) e attira l’attenzione degli amanti del “terzo genere”.