Il destino della scrittura e la nascita di un mito letterario. Humphrey Carpenter, Gli Inklings. C. S. Lewis, J. R. R. Tolkien, Charles Williams e i loro amici, trad. it. di M. E. Ruggerini, Genova-Milano, Marietti 1820, 2011
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di Giuseppe Panella*
C’erano una volta (tra gli anni Trenta e i Quaranta) gli Inklings, scrittori-professori-teologi e cultori della letteratura di genere: quasi tutti insegnavano al Magdalen College di Oxford o a Oxford vivevano come Charles Williams. Avrebbero scritto romanzi memorabili per i loro caratteri innovativi all’interno del genere da loro scelto non tanto per la qualità delle vicende raccontate quanto per l’innovazione profonda da essi apportate alla lingua inglese e al modello narrativo adottato. Tolkien diventerà famoso soprattutto per Lo Hobbit del 1937, inizialmente concepito come un racconto per bambini e soprattutto per il suo colossale seguito, Il Signore degli Anelli (1954-1955). Lewis scriverà tre significativi romanzi di fantascienza (Lontano dal pianeta silenzioso, Perelandra, Questa orribile forza), una fortunata serie di sette libri fantasy (Le Cronache di Narnia) e un romanzo epistolare tra l’apologetico e il grottesco noto in italiano come Le lettere di Berlicche (The Screwtape Letters). Charles Williams lascerà una serie di thriller metafisici in cui eventi misteriosi dal punto di vista criminale si alternano a profondi interrogativi metafisici (La vigilia di Ognissanti, Il posto del leone, Guerra in Paradiso, La pietra di Salomone). Il libro di Humphrey Carpenter (giustamente ormai un classico della biografia letteraria) racconta le loro vite, i loro incontri, le loro strategie letterarie, i loro sogni, le loro sconfitte. Si pone inoltre domande fondamentali riguardo la forma assunta dalle riunioni tenute dagli scrittori che formarono il circolo degli Inklings e il loro destino e la loro fortuna sia durante il periodo in cui esse si svolsero che successivamente: