Sylvia Zanotto, Nodi e vertigini, Nardini Editore, 2016, pp. 206, 14,00€
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di Stefano Lanuzza
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Mentre le maggiori case editrici italiane rimuovono le collane dedicate alla poesia, tocca a pochi editori cosiddetti ‘piccoli’ – ma, invero, coraggiosi e lungimiranti – promuovere le ragioni anche sociali e la stessa esistenza pubblica dei poeti. È il caso dell’editore fiorentino indipendente Nardini, il quale, scommettendo su una poiesis affrancata dal commercialismo mediatico e trasvalutando la dominante ‘prosa della contabilità’, propone, alla fine del 2016, la cospicua raccolta di versi Nodi e vertigini (pp. 206) di Sylvia Zanotto; che, poetessa senza mercatura e talentuosa traduttrice (sua, presso Barbés, l’empatica ‘trasposizione’ del 2012 di Sang damné, 2011, di Alexandre Bergamini), così s’ammonisce: “Hai imparato a scrivere. Ma non a far di conto”. E la vita? “La traduco”. Aggiungendo con un’ombra di mestizia: “Io sono / pesante. / Scrivo ma non so niente”. Come richiamandosi al Paul Celan che nel suo Diario scrive: “Io sono pesante. Leggeri sono gli stronzi”.