Riviste di italianistica

Strumento indispensabile di aggiornamento sono le riviste  di italianistica, tra le quali si segnalano il “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, “Lettere italiane”, “La rassegna della letteratura italiana”, “Studi e problemi di critica testuale”, “Filologia e critica”, “Italianistica”, “Rivista di letteratura italiana”, “Esperienze letterarie”, “Critica letteraria”, “Aevum”, “Belfagor”, “Intersezioni”, “Lingua e stile”, “Linguistica e letteratura”, “Misure critiche”, “Nuovi argomenti”, “Paragone”, “Strumenti critici”, “Filologia italiana”, “Letteratura e arte”, “Per leggere”, “Studi italiani”, “Allegoria”, “Nuova rivista di letteratura italiana”. All’estero, “Italian Studies”, “The Italianist”, “Italica”, “Italian Quarterly”, “Modern Language Notes”, “Chroniques italiennes”, “Revue des Etudes Italiennes”, “Italique”, “Italienische Studien”. Specializzate su aspetti particolari di filologia e analisi testuale sono “Studi di filologia italiana”, “Autografo”, “Metrica”, “Ecdotica”. In formato digitale sono “Bollettino 900” (www.comune.bologna.it/iperbole/boll900) e “Griselda on line” (www.griseldaonline.it). Dal 2000 la schedatura di molte riviste di italianistica è realizzata da “Italinemo”  (www.italinemo.it).

NOTIZIE DALLA CASA DEL VENTO. La poesia come narrazione spirituale in Giusi Verbaro. saggio di Giuseppe Panella

OLYMPUS DIGITAL CAMERA«O tu, vento selvaggio dell’Ovest, / tu, respiro dell’autunno, / tu, dalla cui invisibile presenza / le foglie morte vengono sospinte / come spettri messi in fuga da un mago incantatore, / gialle, pallide, nere, rosso acceso, / quasi tutte colpite da una pestilenza ! / Tu che trasporti come su un carro nel cielo al loro letto invernale/  i semi alati  che giacciono freddi, / ciascuno come salma nella tomba, / fin quando la tua azzurra sorella, in primavera, / non suonerà sulla terra che sogna / la sua tromba, colmando con colori /  vividi  e con dolci profumi, il colle e il piano, / mentre spinge  nell’aria dolci germogli simili a  batuffoli / Spirito Selvaggio che ti sposti ovunque /  – che distruggi e che preservi – ascolta, ascolta ! »
(Percy Bysshe Shelley, Ode al vento dell’Ovest)

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di Giuseppe Panella

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 NOTIZIE DALLA CASA DEL VENTO. La poesia come narrazione spirituale in Giusi Verbaro

 

1. Una narrazione ininterrotta

“Il vento soffia dove vuole” – lo sostiene autorevolmente il Vangelo di Giovanni (3, 8), “ne puoi udire la voce, ma non sai né da dove viene né dove va”. Sono parole rivolte da Gesù al fariseo Nicodemo che vorrebbe capire la natura del messaggio, per lui troppo oscuro, del Messia (anche se, alla fine, non ci riuscirà).

Nel suo soffiare incontrastato e continuo, il vento raggiunge i luoghi più impervi, più difficili, più nascosti. La sua forza travolge ogni ostacolo e rende possibile ciò che apparentemente non sembrerebbe esserlo. Anche la sua origine resta oscura se non si sa come ascoltarne il messaggio e comprenderne il flusso di desiderio che da esso si sprigiona.

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GLI “AFFARI DI CUORE ” DI PAOLO RUFFILLI. Sogni e materia dell’amore. Saggio di Giuseppe Panella

 Barricate_Cop08_dgt«Per pronunciare davvero il sublime, penso che occorra partire dal calco, dall’orma, da una traccia sottile. Per una legge dell’inversamente proporzionale: quanto più è basso il tono, tanto più alto è l’effetto. Non è che intenda, per carità, rinunciare alla “grandezza” delle cose. Ma trovo giusto rilevarla nella loro “piccolezza”. E mi piace soffiarci dentro quell’arietta frizzante che fa, del castello di Atlante, l’attracco delle astronavi per il resto dell’universo» (Paolo Ruffilli, Appunti per una ipotesi di poetica).

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di Giuseppe Panella

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GLI “AFFARI DI CUORE ” DI PAOLO RUFFILLI. Sogni e materia dell’amore

1. Ruffilli, ieri

Fin dalla sua prima opera (La quercia delle gazze, Forlì, Editrice Forum, 1972), la sostanza trasversale della scelta lirica di Paolo Ruffilli è ben chiara al suo lettore: dal suo viaggio in Grecia, apparentemente legato e frutto di una temperie spirituale di tipo romantico, il poeta ricava la convinzione che il mito non è più sostanza delle cose e di esso non si può fare che uno scavo interno, critica immanente e devastata, definizione archeologica del passato che è inerte nel presente. Ma già dal suo secondo libro (Quattro quarti di luna, sempre Forum di Forlì – l’anno è il 1974), i tempi ritmici e le cadenze toniche della sua poesia mutano. Non bisogna dimenticare, infatti, che il libro di poesia italiana più amata dal poeta trevigiano  resta (e resterà indenne nel tempo) proprio Satura di Eugenio Montale, la raccolta che segnò il ritorno di quest’ultimo alla poesia e uno dei testi più discussi e contrastati del suo percorso poetico. Non a caso è proprio in questo volume montaliano tardo che, a differenza degli episodi precedenti della sua storia lirica, avviene l’abbandono del linguaggio più rarefatto e linguisticamente alto delle opere precedenti a favore di uno stile più orientato verso il parlato e il quotidiano – uno “spartiacque” della poesia del Novecento, come dichiara autorevolmente anche Daniele Maria Pegorari, nella sua Introduzione al bel volume di Giovanni Inzerillo, l’unico finora dedicato a Ruffilli (La virtù della frivolezza. Saggio sull’opera di Paolo Ruffilli,  Bari, Stilo Editrice, 2009) e suo mentore editoriale.

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Alcune delle maggiori norme letterarie secondo R.T. Segers e Marcello Pagnini

Marcello Pagnini (1), riprendendo e completando alcune indicazioni di R.T. Segers, ci propone “alcune delle maggiori norme letterarie”:

 

  • 1) letteratura come ‘imitazione’ (cft. la teoria marxista del “rispecchiamento” della situazione sociale)
  • 2) letteratura come ‘fantasia’ (opposto alla precedente)
  • 3) letteratura come ‘écart’ (scarto) linguistico (cft. la teoria dello ‘straniamento’ dei formalisti russi)
  • 4) la letteratura come ‘contestazione’ dei sistemi socio-culturali vigenti (cft. poetiche d’avanguardia)
  • 5) la letteratura come complessità (polisemia dell’opera, variamente interpretabile)
  • 6) la letteratura come ‘unità strutturale’.
  • 7) la letteratura come ‘sopravvivenza epocale’ (l’opera è grande se capace di rispondere alle domande postele dalle varie epoche in cui è recepita)

 

L’elenco tratto da Segers è ampliato dal Pagnini con:

 

  • 8) la letteratura come ‘trasparenza del senso’ (cft. le poetiche del Classicismo)
  • 9) la letteratura come ‘imitazione dei classici’ (cft. le poetiche del Rinascimento e del Classicismo)
  • 10) la letteratura come ‘opacità’ (cft. la poetica del Simbolismo)
  • 11) la letteratura come ‘sentimento'(cft. le poetiche del Romanticismo)
  • 12) la letteratura come ‘impegno politico’, ecc. , ecc.

 

Nota bibliografica

(1) MARCELLO PAGNINI, Pragmatica della letteratura, Palermo, Sellerio, 1980, pp.81-82. Cft. R.T. SEGERS, The Evaluation of literary texts, Leiden, The Peter de Ridder Press, 1978.

                   

[Curiosità: nel 2002 scovai in un ipermercato, a metà prezzo, il volume di Marcello Pagnini, 1988, seconda edizione] 

f.s.

Aesthetica in nuce di Benedetto Croce

Vorrei parlarvi di Aesthetica in nuce (1929) di Benedetto Croce.  In esso, riprendendo le tesi sul carattere lirico dell’intuizione e sul carattere di totalità dell’espressione artistica, Croce chiarì che la poesia, se non determina verità etiche, pure si nutre essenzialmente di moralità, perché riflette la personalità umana nella sua interezza. Anzi, quanto più grande è la personalità dell’autore, tanto più convincenti saranno i risultati poetici cui egli perviene. Entro questi termini, secondo Croce, va inteso il rapporto di condizionamento reciproco che intercorre fra poesia e storia.

Montale ha cercato in qualche modo di giustificare, in un saggio assai penetrante, questi motivi basilari:

«Che cosa Croce chiedeva al poeta? Direi che chiedesse in lui il carattere; e il carattere poteva manifestarsi come fedeltà ai propri motivi, dono, capacità di non lasciarsi corrompere da ragioni estranee alla letteratura. […] Si direbbe che il Croce abbia amato quei poeti che avrebbe amato come uomini, se li avesse conosciuti; siano essi l’olimpico Goethe o il cattolico e sedicente reazionario Balzac, o il miracoloso Nievo o il robusto e sanguigno Carducci, ultimo alfiere di una poesia che voleva rifare l’uomo.»  (1)

(1) «La lezione di Croce», in Il Mondo, 11 dicembre 1962

f.s.

[edizione letta: Benedetto Croce, Aesthetica in nuce, è in FILOSOFIA- POESIA- STORIA. Pagine tratte da tutte le opere a cura dell’autore stesso, Biblioteca Treccani, 2006, pp.195-223]

La pratica della lettura (e della critica) secondo Alberto Asor Rosa

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Trascrivo una puntualizzazione di A. Asor Rosa su come si rapporti la pratica della lettura (e della critica) alle diverse idee di letteratura:

 
Se la letteratura verrà considerata come prodotto sociale, noi cercheremo in essa il predominio della rappresentatività (fedeltà, tipicità, aderenza, verosimiglianza) rispetto a un determinato contesto sociale. Se la penseremo come prodotto della storia delle idee, in essa ci sembrerà prevalente il meccanismo in base al quale l’organizzazione formale di una data ideologia produrrà (o dovrebbe produrre…) strutture testuali coerenti con la Weltanschauung dell’autore. Il convincimento che l’approccio al testo è regolato sempre da alcuni meccanismi del piacere, ci spingerà a motivare il nostro giudizio più o meno positivo sul testo in base alla formula edonistica cui c’ispiriamo. Se il meccanismo basilare della conoscenza ci sembrerà di natura psicologica , cercheremo di ricondurre l’interpretazione dei personaggi e delle azioni alle leggi generali della psiche umana, cui la letteratura evidentemente non può sottrarsi; analogamente faremo quando la struttura di base del linguaggio verrà fatta affondare nell’inconscio e nelle determinazioni che ad esso sono proprie. Chi, invece, nell’opera privilegerà il riferimento a certi comportamenti dominanti nell’ambiente umano-intellettuale circostante, darà di quell’opera una lettura antropologica. Un’opera, però, può anche essere intesa essenzialmente come sistema stilistico: la dinamica delle forme finirà in questo caso per influenzare tutto il resto, perché niente , né di psicologico né di subconscio, potrà in essa penetrare, senza essere filtrato, purgato e sistemato secondo il principio decisivo della coerenza stilistica. Essa può anche essere intesa come sistema segno-formale: lo stile, allora, non sarebbe altro che una manifestazione particolare di una più generale dimensione sistematica, dentro la quale ogni informazione contenuta nel testo letterario può essere ridotta alla forma di segno. Se poi introduciamo in questa problematica le categorie della retorica, potremmo ricondurre l’analisi del messaggio-segno letterario a una serie di regolamentazioni e di procedure fissate nel tempo con un’accuratezza, di cui l’autore finisce per apparire il semplice mediatore […]. Chi mette alla base della letteratura la storia del gusto, interpreterà la storia della letteratura come un episodio o manifestazione particolare della storia del gusto. I fautori di un’interpretazione culturale della letteratura si preoccuperanno al massimo di finalizzare la lettura del testo letterario alla ricostruzione di un profilo culturale generale del periodo storico corrispondente: a questo modello più o meno direttamente si riallacciano tutti coloro per i quali la storia della letteratura non è che un modo di scrivere ( e per scrivere) una storia della civiltà, assai spesso sotto forma di storia della civiltà  nazionali. Per altri sarà determinante l’aspetto gnoseologico della letteratura, cioè la sua capacità di conoscenza: per quanto si possa rivestire questo atteggiamento di motivazioni formali o retoriche, non c’è dubbio che in questo modo la letteratura viene ridotta a una qualche forma di attività razionale propria dell’uomo. Per altri, al contrario, la letteratura varrà soprattutto come simbolo di un qualcosa che precisamente il discorso razionale non riesce ad esprimere. (1)

(1) A. ASOR ROSA, Letteratura, testo, società, in Aa.Vv., Letteratura italiana, vol I, Torino, Einaudi, 1982, pp. 8 sgg.

f.s.

da La poesia di Benedetto Croce: “Ma la classe prossima è pur sempre una classe”

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Trascrivo da La poesia di Benedetto Croce:

 

Il critico deve veramente contenere in sé non un moralista ma un filosofo, che abbia meditato sull’anima umana nelle sue distinzioni e opposizioni e nella sua dialettica; e non propriamente il filosofo in quanto attua i suoi concetti in giudizi di filosofia, di scienza, di politica, di morale e di ogni altra sorta, sebbene in quanto viene ordinando il gran materiale dei formati giudizi in classi o tipi del vario sentire e fare dell’anima, e con ciò si tramuta in ‘psicologo’.
Caratterizzare una poesia importa determinante il contenuto o motivo fondamentale, riferendolo a una classe o tipo psicologo, al tipo e alla classe più vicina; e questo il critico spende il suo acume e dimostra la sua finezza e delicatezza, e in questa fatica egli è soddisfatto solo quando, leggendo e rileggendo e ben considerando, riesce finalmente, colto quel tratto fondamentale, a definirlo con una ‘formola’, la quale annunzia l’eseguita inclusione del sentimento della singola poesia nella classe più vicina che egli conosca o che ha, per l’occasione, escogitata.

Ma la classe prossima è pur sempre una classe, ossia un concetto generale, e la poesia è, invece, non il generale ma l’individuale-universale, il finito-infinito; onde la formola, per quanto si accosti all’evocata poesia, non coincide mai con lei, e anzi tra le due rimane sempre una distanza abissale. Paragonata alla poesia, la formola della sua caratterizzazione appare sempre, dal più al meno, rigida e stridente. Da ciò, dopo il momentaneo appagamento, lo scontento che si prova dinanzi alle più elevate formole critiche, anche alle nostre proprie, che sono state prodotte con tanta tensione di mente, con tanto lavorio di acume, con tanto scrupolo di delicatezza.

B. CROCE, La poesia, Bari, Laterza, 1996, p.115

f.s.

ELOGIO DELLA LENTEZZA. Paul Valéry e la forma della poesia di Giuseppe Panella

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ELOGIO DELLA LENTEZZA. Paul Valéry e la forma della poesia  

di Giuseppe Panella

«La calma nell’azione. Come una cascata diventa nella caduta più lenta e sospesa, così il grande uomo d’azione suole agire con più calma di quanto il suo impetuoso desiderio facesse prevedere prima dell’azione»

(Fredrich Nietzsche, Umano, troppo umano, I)

 

 

1. La soluzione etica della poesia

Fedele ammiratore della snella levigatezza della danza, Valéry teme la fretta e la concitazione della corsa, ha timore della frenesia concatenata alla perdita di sensibilità del moto senza tregua.

Più che dal vuoto (1), appare atterrito dal movimento infinito e senza senso che incontra ad ogni pie’ sospinto: il rifiuto di “ogni prodigioso incremento di fatti e di ipotesi” (2) compare in quasi tutte le sue opere. Basteranno alcuni specimina a dimostrarlo:

« – Vuole dire che più si trova, più si cerca ; e che più si cerca, più si trova ?

   –  Esatto. Certe volte mi sembra che fra la ricerca e la scoperta si sia formata una relazione paragonabile a quella che i stabilisce fra la droga e l’intossicato.

   – Molto curioso. E allora tutta la trasformazione moderna del mondo…

   – Ne è il risultato; e ne rappresenta, del resto, un altro aspetto … Velocità. Abusi sensoriali. Luci eccessive. Bisogno dell’incoerenza. Mobilità. Gusto del sempre più grande. Automatismo del sempre più “avanzato”, che si manifesta in politica, in arte, e … nei costumi» (3).

L’idea fissa, dialogo tra il Narratore ed un medico, è del 1931 (4) mentre in quella raccolta di études de circonstance che è il volume Regards sur le monde actuel (1945) spicca proprio un articolo, “Propos sur le progres”, che insiste sul carattere “terroristico” della velocità e della fretta.

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