Quattro anni [In memoria]

Di seguito l’elenco delle pubblicazioni del prof. Giuseppe Panella su RETROGUARDIA

[in memoria]

Giuseppe Panella

(1955-2019)

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Il wu wei della poesia contro le guerre n.10: Giuseppe Panella, “Shalom”

[in memoria]

Il wu wei della poesia contro le guerre a cura di Antonino Contiliano e Fabiola Filardo.

Giuseppe Panella, “Shalom”. Lettura di Fabiola Filardo


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[Qui tutti i podcast di Il wu wei della poesia contro le guerre su RETROGUARDIA]


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Per Giuseppe Panella, ricordi e sentita emozione [In memoria]

Per Giuseppe Panella, ricordi e sentita emozione


di Patrizia Bessi

Il 14 gennaio 2022, si è tenuto a Prato, presso l’Istituto Culturale e di Documentazione “Lazzerini”, un incontro commemorativo, programmato dalla Società Filosofica Italiana – sezione di Prato “Giuseppe Panella”, con la collaborazione del presidente della stessa, Giovanni Spena, per ricordare il filosofo e poeta Giuseppe Panella, prematuramente scomparso nel 2019. L’incontro ha visto particolarmente coinvolta la poetessa e scrittrice Natalizia Pinto, che a Panella aveva già dedicato un recital e un libro dal titolo Intrecci, quale tributi di stima e riconoscenza.

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Articoli e saggi di Giuseppe Panella [In memoria]

Di seguito l’elenco delle pubblicazioni del prof. Giuseppe Panella su RETROGUARDIA

 

Giuseppe Panella

(1955-2019)

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Sogni ed esperienze di vita: le poesie di Natalizia Pinto (2003). [In memoria]

[Invitiamo i lettori di RETROGUARDIA a segnalarci o ad inviare tramite email materiale inedito o edito su e di Giuseppe Panella. Ringraziamo Natalizia Pinto per averci inviato questa recensione di Giuseppe Panella alla sua raccolta di poesie del 2003. (f.s.)

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di Giuseppe Panella

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Perché questo titolo: Il tempo in cornice?  Perché spingere e costringere il Tempo in un quadro dai contorni già decisi per farlo diventare elemento partecipe certo ma pur sempre condizionato della vita libera e fuggevole fatta di  attimi che passano e non ritornano? Forse proprio per questo…

Prendere il Tempo e immobilizzarlo, metterlo in posa, trasformare ciò che è transeunte flusso dei momenti della vita in parole ed emozioni dette e scritte è da sempre uno dei compiti “impossibili” della poesia. Anche perché poi il tempo quotidiano di ognuno si riprende quello che è suo (il sapore carico di amarezza della caducità, la sensazione di felice aderenza alla propria pelle e alla propria anima, il colore dei sogni, il contatto con il reale condiviso con gli altri) e la poesia resta spesso incapace di andare oltre il livello di comunicazione superficiale.

Il Tempo domina e trionfa, le parole si dissolvono, ma non sempre, per fortuna di noi tutti.

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Giuseppe Panella e il coraggio che segna questo nostro tempo [In memoria]

A un anno dalla scomparsa dell’intellettuale che viveva a Prato

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di MICHELE BRANCALE

 

Prato, 24 maggio 2020 – C’è un’assenza che parla, che fa desiderare il ritorno, di superare quel senso del limite su cui Giuseppe Panella (1955-2019), scomparso un anno fa, scherzava. E’ in fondo il ministero e il mistero di ogni assenza. “Conosco il giorno e l’ora/e il tempo giusto per vivere/felice./ Ho provato la sensazione esatta/ di una felicità infinita/ il giorno stesso in cui sono morto/ e rivissuto/ come una sorta di Lazzaro redivivo”. Il senso del limite lo abbiamo scoperto in questa stagione segnata dall’emergenza sanitaria e anche alla luce dell’epidemia trovano pregnanza alcuni versi de ‘L’occasione della poesia’ che, più passa il tempo, più assumono lo spessore del testamento di un uomo che si era preparato all’arrivederci (“tempo di attendere altro tempo ancora/ per concludere il ciclo di ciò che è stato”), cercando il senso stesso di una vita “che il rumore sordo/ del destino riempie/ di storico coraggio”. C’è un coraggio che segna questo nostro tempo ed è negli umili che resistono, negli anziani che non ce l’hanno fatta e in coloro che prendono l’iniziativa per difenderli e sono medici, infermieri, preti (come quelli della bergamasca o della diocesi di La Spezia), volontari e tanti tanti altri che di quel coraggio, di quella forza di vita, non vogliono fare a meno perché il senso del limite si supera lì.

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IL TOTALE DELLA POESIA [Per Giuseppe Panella]

IL TOTALE DELLA POESIA

Per Giuseppe PanellaGiuseppe Panella

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di Massimo Mori
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Per me è semplice e complesso scrivere di Giuseppe. Ciò, in ogni caso, vale per il ruolo ‘totalizzante’ da lui avuto come critico, filosofo, intellettuale e poeta lungo un percorso che va dagli anni Ottanta del Novecento sino al primo decennio del Terzo millennio: ovvero per una trentina d’anni (muovendo dal circuito di produzione di poesia “Ottovolante” 1983/1992, fino agli incontri letterari al caffè delle Giubbe Rosse’ da me diretti negli anni dal 1989 al 2013).

Il primato intellettuale di Giuseppe Panella era emergente in ogni situazione, dibattito e confronto nelle centinaia di eventi che in quell’arco di tempo ho, con altri amici, organizzato. Erano allora fondamentali tre aspetti inerenti al ‘fare poesia’ dopo la fase del riflusso: ‘il pubblico della poesia’, la ‘creatività diffusa’ e ‘l’associazionismo culturale’.

È evidente che se queste erano le linee di forza del ‘circuito’, la loro debolezza era (ed è) che i poeti e gli artisti non erano (non sono) tanto interessati ad una circuitazione della poesia, o ad un processo socializzante (politico) del poetico, ma alla preminente, individuale promozione della propria scrittura e/o produzione creativa, riconoscendosi tuttalpiù in correnti o tendenze.

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Che fare, dunque? [In memoria]

di Francesco Sasso

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Ho atteso giorni prima di prendere la parola in rete. Non riesco qui a esprimere il mio sentimento per la perdita di Giuseppe. Abbiamo lavorato insieme costantemente, giorno dopo giorno, per dodici anni nelle redazioni delle riviste “Retroguardia” e “La poesia e lo spirito”. Mi mancheranno le email quotidiane, il dibattito privato sui libri che gli autori o gli editori ci inviavano… non voglio aggiungere altro perché desidero rispettare la natura riservata di entrambi, mia e di Giuseppe.

Mi vengono in mente le parole di Meister Eckhart: “ È per questo che siamo resi perfetti da quanto ci succede e non da quanto facciamo”.

Che fare, dunque? Continuare il lavoro critico su RETROGUARDIA è difficile, la perdita del prof. Panella impone, per prima cosa, una scelta di fondo: continuare il lavoro o chiudere la rivista? La mia preferenza va, sempre più decisamente, a questa seconda scelta, per una folla di motivi che sono, tutt’assieme, culturali e morali, tecnici e sentimentali. Altra possibilità è quella di trasformare RETROGUARDIA in un’altra cosa, come la vita ci impone di fare.

L’attività svolta in rete sulle pagine di RETROGUARDIA ha coinvolto tanti singoli processi (scrittori, editori, critici, lettori), anche se alcuni sembrano contrapposti, e questo ha contribuito a una buona maniera di fare critica letteraria (secondo me). Nell’andar via, Giuseppe ha lasciato a noi una pista da seguire. Ora dipende da noi, lettori e collaboratori di RETROGUARDIA, convalidare o negare quella pista.

Cari amici, caro Giuseppe: grazie.

Francesco Sasso

Non mi piace dirti addio né arrivederci [In memoria]

Caro Giuseppe Panella

Non posso dirti arrivederci:

non credo che (post mortem) ci sia un altro mondo dove continueremo a discutere delle nostre visioni, dei nostri sogni poetici, del comune “Marx” venturo e del suo “general intellect” (già in corso d’opera digitale), o del comune “lascito” di Michel Foucault e di George Bataille …. (tutte le pagine che scrivesti e che divoravo…).

Non posso dirti addio:

i neuroni della mia memoria tengono acceso il carburante della poesia che hai versato fra le pagine dei “nostri” testi poetici collettivi anonimi “We are winning wing” e “L’ora zero” (Noi Rebeldìa), e lo spirito che hai mostrato quando ci posizionasti rispetto al “general intellect” (attaccato come delirante e preoccupante da qualcuno, perché privo di ironia), scrivendo che “sull’autoironia altrui non so; il mio testo di ironia ne contiene e molta…il “general intellect” ovvero il sapere contenuto all’interno della formazione sociale e produttiva vigente è termine marxiano facilmente coniugabile come sapere di classe…”; non hanno dimenticato (né messo all’angolo) le parole e l’amicizia (non poca) che mi davi quando a Firenze (caffè delle “Giubbe rosse”) venivo per dedicare tempo e amore alla poesia che ci legava, o quando scrivesti “Viandanti della rivoluzione. A proposito di “Compagni di strada caminando” («RISVOLTI»,VIII, n. 13, gennaio 2005), o quando scrivesti “Una rosa per Contiliano” come introduzione alla poesia di “Terminali e Muquenti”, o “Siamo in attesa che arrivi il futuro…  Antonino Contiliano, Tempo spaginato. Chi-asmo” (… e non continuo…).

Al di là di tutto questo non posso dirti addio: avendoti conosciuto e frequentato, nonostante sia andato via, mi sento meno povero; eppure ogni volta che muore un poeta, il mondo è sempre più povero. Ma noi, Caro Giuseppe, continuiamo a lottare: non vorresti diversamente!

Antonino Contiliano

Marsala, 24 maggio 2019

Prolegomeni alla sofferenza. “L’occasione della poesia” di Giuseppe Panella

Giuseppe Panella, L’occasione della poesia, Novara, Interlinea, 2015

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di Andrea Fallani

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1. La sublimazione del dolore
L’occasione della poesia (Interlinea, 2015) di Giuseppe Panella è una raccolta di poesie alla cui base vi è un’istanza autobiografica, «un’occasione» nella vita dell’uomo, prima ancora che del poeta: si tratta «dell’apparecchiamento della morte» e in particolar modo «il dolore, la fatica, il disagio, la noia che può precederla in molti casi»1. Tuttavia, meglio precisare sin da subito, il discorso poetico non si fa mai interamente autoreferenziale, al contrario, l’esperienza personale è spunto per indagare i rapporti tra vita e morte, tra tempo e spazio, tra sofferenza e serenità, tra l’uomo e il mondo.
L’imminenza della morte, pur cedendo a rimpianti per le occasioni e il tempo perduto (Proust sarà uno degli autori non citati che percorrono l’opera), lascia però adito alla speranza, alla costruzione di «un progetto di recupero delle radici vitali dell’esistenza e della sua modalità di sviluppo il più possibile armonioso»2. Sorretto dall’insegnamento epicureo e liberato dalla paura della morte, il poeta può così indagare i risvolti più dolorosi della vita e da essa trarne speranza, all’insegna della quale si concludono molte delle liriche («Ora ho solo bisogno del tempo – / di serenità nella sofferenza, / di sofferenze intente nella serenità / che ancora si congiunge / all’ambizione protetta / di continuare a vivere / nella gioia e nel dolore»3 oppure «Si può soltanto ritrovare / nello specchio del passato / tutto il desiderio del mondo / e riconoscerne intatto il valore fecondo»4).
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L’occasione di Giuseppe Panella

Giuseppe Panella, L’occasione della poesia. Poesie 2007-2014, Interlinea, Novara 2015, pp. 96, euro 14,00.

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di Andrea Galgano

Il nuovo libro di Giuseppe Panella (1955), docente di Estetica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, L’occasione della poesia. Poesie 2007-2014, edito dalla novarese Interlinea, è l’esito di una gestazione autentica che modula il tessuto vocalico con forza e scoperta.

L’interiore inseguimento che il poeta percorre, cerca l’indizio di un’occasione per compiersi e dirsi in tutta la portata del suo dettato e del suo grido.

La ricchezza verbale e le letture assorbite in questi anni rappresentano l’arsi di una scena asseverativa e descrittiva che si pone come voce ultima, come spazio connesso alla chiarezza estrema del quotidiano, dove la poesia cerca le sue armi e pone le sue gioie e i suoi dolori ultimati.

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Giuseppe Panella, “ L’OCCASIONE DELLA POESIA”

Giuseppe Panella, L'occasione della poesiaGiuseppe Panella, L’occasione della poesia. Poesie 2007-2014, Interlinea, 2015, 96 p, € 14

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di Diego Baldassarre

Quando passa l’Angelo della Morte a scompigliare i capelli, il tempo non ha più lo stesso battito a cui eravamo abituati. Diventa uno stato sospeso dove i punti di riferimento perdono ogni certezza e l’incantesimo della memoria prova a ricostruire quella scialuppa di salvataggio che è il ricordo, l’ultima occasione per dimostrare a se stessi di essere Sopravvissuti.
I versi, profondi e toccanti, raccolti nella silloge “ L’Occasione Della Poesia”di Giuseppe Panella, riflettono questo stato d’animo. Le poesie fluiscono con un senso di indefinitezza, sottolineato mirabilmente dall’assenza della punteggiatura finale. Gli unici “punti” presenti nella raccolta sono rappresentati dai “puntini di sospensione”.
Nella chiusura della poesia“L’occasione Perduta”, troviamo questi versi che racchiudono il senso più intimo del libro: Ma oggi bisogna gridare, non cantare/ o teorizzare e la poesia vale proprio/in quanto è il canto di un dolore…

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Giuseppe Panella , “Storia del sublime. Dallo Pseudo-Longino alle poetiche della modernità”

Giuseppe Panella , Storia del sublime. Dallo Pseudo-Longino alle poetiche della modernità, Editrice Clinamen, 2012, € 26,80
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Nel 1554, l’umanista Francesco Robortelli pubblica a Basilea il testo di un breve e frammentario trattato sul Sublime attribuito a un non meglio identificato retore di età ellenistica dal suggestivo nome di Cassio Longino. Anche se questa attribuzione sarà presto confutata e l’autore dell’opera sarà relegato al più umile rango di Anonimo, non solo il legato critico-filosofico del testo resterà etichettato con quell’attribuzione originaria ma la sua ripresa alla fine del Novecento continuerà a essere indicata come un recupero e una rivalutazione delle tematiche in esso contenute. Tuttavia, in questo volume (ideale continuazione di una ricerca iniziata nel 2005 con “Il Sublime e la prosa”) l’accento non cade tanto sull’analisi dell’opera dello Pseudo-Longino quanto sulle successive applicazioni che ne hanno caratterizzato la fortuna, con particolare attenzione alla storia politica e sociale di un paese come l’Inghilterra dove il legato che si suole definire “longiniano” conosce una nuova fioritura nel 1757 ad opera di Edmund Burke.

“IL SECOLO CHE VERRÀ. Epistemologia, letteratura, etica in Gilles Deleuze” di Giuseppe Panella e Silverio Zanobetti.Venerdì 26 ottobre (Firenze)

Venerdì 26 ottobre 2012 ore 18

presentazione dell’opera

IL SECOLO CHE VERRÀ. Epistemologia, letteratura, etica in Gilles Deleuze

di Giuseppe Panella e Silverio Zanobetti

LIBRERIA IBS (ex Mel Book) FIRENZE
via de’ Cerretani, 16/R

Intervengono UBALDO FADINI e GIOVANNI SPENA. Coordina CAMILLA PIERI per la Editrice Clinamen

Saranno presenti gli Autori

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Premio speciale alla critica letteraria a Giuseppe Panella

Premio Nazionale “L’inedito” Sulle tracce del De Sanctis XI EDIZIONE

Domenica 5 agosto 2012 ore 18 – c/o il Teatro comunale di Lacedonia (Av), via M. Bianchi

Durante la serata verranno conferiti alcuni premi.

PREMIO SPECIALE ALLA CRITICA LETTERARIA a Panella Giuseppe per La scrittura memorabile. Leonardo Sciascia e la letteratura come forma di vita

Leggi la locandina della serata

f.s.

Giuseppe Panella, “Jean Jacques Rousseau e la società dello spettacolo”

PALAZZO VIVARELLI COLONNA (Sala degli Specchi)

Via Ghibellina 30 Firenze

26 maggio 2011

Presentazione del libro di Giuseppe Panella

Jean-Jacques Rousseau e la Società dello Spettacolo,

Pagnini editore, Firenze, 2011

Sono intervenuti Tommaso Cavallo, Silverio Zanobetti, l’autore e Stefano Berni, direttore della collana di filosofia e scienze sociali edita da Pagnini

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[Qui tutte le VIDEORECENSIONI di RETROGUARDIA]

Intervista a Giuseppe Panella

Cosa ti senti di essere, nella tua essenza più profonda?

Un poeta, essenzialmente, che analizza e costruisce un linguaggio nuovo per cercare di rendere originali parole magari vecchie.

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Sei nato a Benevento ma vivi e lavori a Pisa. Quanto hai assimilato di queste due città?

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Vivo a Prato e lavoro a Pisa – è molto diverso… da Benevento, città longobarda, ho preso la volontà di durare e non arrendermi; da Prato, città laboriosa, ho imparato che bisogna sempre continuare a ogni costo; da Pisa, città culturale, ho imparato che non si smette mai da imparare.

(Continua a leggere l’intervista a Giuseppe Panella sul blog mariluoliva)

f.s.

“Mediterraneo e Identità plurale” di Antonino Contiliano

       [Pubblichiamo il quinto capitolo di un libro in fieri, che reca come sottotitolo ‘Il soggetto ornitorinco’ che sarebbe un soggetto semiotico molteplice e complesso sul modello dell’ibrido zoologico che è un mammifero oviparo, uccello e insieme pesce. Tutto ciò per delineare l’ipotesi di una processualità creativa, collettiva e connettiva di inter-extra-testualità in campo letterario analoga al campo del sapere scientifico-matematico, in cui i singoli agenti operano come se fossero un soggetto multiplo e non individuale. Questo richiama la ‘metafora narrante’ del paesaggio mediterraneo che è, infatti, una stratificata configurazione auto-etero-organizzantesi. Una pluralità identitaria chiusa e aperta di trasformazioni storicamente dinamiche e mai immutabili.]        

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di Antonino Contiliano

 

In questa sperimentazione del soggetto collettivo, protagonista e agente organizzatore del fare poesia con più testi interi o frammenti di poeti diversi (una la mano o di più singolarità poetiche), l’identità plurale o collettiva è la sua immagine “gleichnisworte” (parola che incarna la somiglianza con la cosa, parola figurata). Non è fuori luogo paragonare il farsi della sua identità a un paesaggio. Quasi come una “metafora narrativa” che racconta il configurarsi della nuova identità mentre viene percepita e ‘raccolta’ quale unità-molteplicità alla stregua dell’identità del paesaggio mediterraneo (il paesaggio mediterraneo descritto da F. Braudel).

È come assumere un punto di vista diverso dal tradizionale soggetto individuale, e quale autore di poesia in situazione non familiare, ma sempre dentro un sistema. Il sistema paesaggio e la storia in movimento della sua identità che si modifica col tempo e l’intreccio degli elementi che vi si innestano e biforcano.

L’identità del soggetto collettivo (autore di un testo collettivo di poesia) che si costruisce come quella di un paesaggio è una ‘metafora’ – strumento linguistico conoscitivo -, e una categoria, non estranea all’armamentario del general intellect quale formazione sociale e storica di procedimenti messi in atto in funzione della conoscenza e dell’azione. Il suo impiego è comune sia al campo delle scienze naturali che umane. Dalla giovinezza come primavera (di memoria aristotelica) all’energia negativa (antimateria) come mare di elettroni (Paul Dirac), la storia ha una sua linea di innegabile continuità nell’utilizzo della metafora come immagine e medium conoscitivo.

Continua a leggere ““Mediterraneo e Identità plurale” di Antonino Contiliano”

“Il naturalismo e Zola: una teoria filosofica del romanzo” in ÉMILE ZOLA, SCRITTORE SPERIMENTALE di Giuseppe Panella

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[Pubblico qui l’introduzione “Il naturalismo e Zola: una teoria  filosofica del romanzo” in ÉMILE ZOLA, SCRITTORE SPERIMENTALE. Per la ricostruzione di una poetica della modernità di Giuseppe Panella, appena pubblicato da Solfanelli editore (collana Micromegas) . f.s. ]

di Giuseppe Panella

«Il metodo moderno che io tento di seguire consiste nel considerare le opere umane in particolare come fatti e prodotti di cui bisogna rilevare le caratteristiche e cercare le cause, e niente di più. Così intesa, la scienza non proscrive né perdona: constata e spiega … Fa come la botanica, che studia con ugual interesse sia l’arancio che l’abete, l’alloro come la betulla: essa stessa è una sorta di botanica, applicata non alle piante ma alle opere dell’uomo»

[…]

«Ancora, nell’opera d’arte è necessario che i caratteri di cui abbiamo riconosciuto il valore divengano quanto più possibile dominanti. E’ solo così che riceveranno il loro splendore e il loro rilievo; solo in questo modo saranno più visibili che in natura. A tal fine, bisogna evidentemente che tutte le parti dell’opera d’arte contribuiscano a manifestarli. Nessun elemento deve restare inattivo o distogliere altrove l’attenzione: sarebbe una forza impiegata alla rovescia. In altri termini, in un quadro, una statua, un poema, un edificio, una sinfonia, tutti gli effetti devono essere convergenti. Il grado di questa convergenza segna il posto dell’opera, ed ecco allora una terza scala che s’innalza a fianco delle prime due per misurare il valore delle opere d’arte»

(Hyppolite Taine, Filosofia dell’arte)

1. Un “giudice istruttore” della Storia

Nel 1880, quando è già ben noto per le polemiche suscitate con la pubblicazione di alcuni dei suoi romanzi più famosi (nello stesso anno, ad esempio, uscirà Nana che avrà il compito di rinnovare lo scandalo destato da L’Assomoir del 1876 e del quale dovrebbe essere la continuazione almeno virtuale), Zola pubblica un libro che ambisce al rango di testo di poetica del “nuovo romanzo” naturalista e che si chiamerà programmaticamente Il romanzo sperimentale.

Fin da questo titolo, l’opera vuole essere un omaggio all’opera di Claude Bernard, il grande medico autore dell’Introduzione allo studio della medicina sperimentale [1].

Ma, nonostante il tono sia quello di chi pubblica testi del passato anche remoto raccolti un po’ alla rinfusa e messi insieme con un puro intento documentario [2] (il che peraltro non era certo rispondente al vero), l’intento non è soltanto quello di divulgare e discutere la metodologia di ricerca di Claude Bernard ma quello di giustificare, in chiave estetica e soprattutto in quella “filosofica” il proprio impianto di pensiero alla base del gigantesco progetto narrativo del ciclo dei Rougon-Macquart.

Continua a leggere ““Il naturalismo e Zola: una teoria filosofica del romanzo” in ÉMILE ZOLA, SCRITTORE SPERIMENTALE di Giuseppe Panella”

GARANTIRE IL COLPEVOLE. Logica dell’errore giudiziario. Postfazione di Giuseppe Panella a “L’ERRORE GIUDIZIARIO. L’affaire Dreyfus, Zola e la stampa italiana” di Massimo Sestili

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Postfazione al volume L’errore giudiziario. L’affaire Dreyfus, Zola e la stampa italiana a cura di Massimo Sestili

di Giuseppe Panella

 

“La sala straripava di gente: malgrado le imposte, il sole filtrava dentro qua e là e l’aria era già soffocante. Avevano lasciate le vetrate chiuse. Mi sono seduto e i gendarmi sono venuti a mettersi uno per parte. E’ a questo punto che ho visto una fila di facce davanti a me. Tutte mi guardavano: ho capito che erano i giurati. Ma non saprei dire che cosa li distinguesse l’uno dall’altro. L’impressione che avevo era soltanto questa: ero di fronte a una panca del tram e tutti quei viaggiatori anonimi osservavano il nuovo arrivato per scoprire ciò che era ridicolo in lui. So bene che era un’idea sciocca perché qui non era il viaggiatore che cercavano, ma il delitto. Comunque la differenza non è tanto grande e in ogni modo è questa l’idea che mi è venuta”

   (Albert Camus, Lo straniero, trad. it. di Alberto Zevi, Milano, Bompiani, 196713 , pp. 102-103).

 

    Dreyfus, Crainquebille e altre vittime di una giustizia sempre più “giusta”

 

Il solido lavoro e l’accanita ricerca che Massimo Sestili ha compiuto per anni per ricostruire l’impatto che l’affaire Dreyfus ha avuto sulla cultura italiana e europea conserva caratteristiche di originalità anche in un contesto già abbondamente studiato e verificato storicamente come quello relativo alle tragiche vicende giudiziarie subite dallo sfortunato capitano francese di origine alsaziana.

Il segno lasciato dall’affaire nella cultura francese di fine secolo lasciò cicatrici non facilmente rimarginabili se non a costo di immensi sacrifici umani e politici.

E, infatti, bisognerà aspettare il gigantesco “lavacro di sangue” della Prima Guerra Mondiale e l’approdo allo “spirito di Verdun” per ritornare ad una dimensione di Union Sacrée tale da ripetere e riproporre l’unità nazionale in termini simili a quelli nati dalle battaglie contro l’invasore durante la Rivoluzione del 1789 o dalla resistenza contro l’avanzata prussiana in territorio francese del 1870. La cesura introdotta dall’affaire nella storia di Francia fu, per questo motivo, davvero epocale.

Ma la ricostruzione di Massimo Sestili (e le sue implicazioni storiografico-politiche) impongono non soltanto un riesame in chiave storica dell’impatto avuto dall’affaire nel mondo culturale e politico europeo quanto un riepilogo della sua “fortuna” in ambito letterario e soprattutto la sua valutazione in una dimensione più generalmente teorica.

Dall’esame delle risultanze del processo e della detenzione del capitano francese si desume, in primo luogo, quanto la giustizia sia tanto più efficace quando è libera dalla necessità di scoprire a tutti i costi un colpevole “immediato” e che l’azione giudiziaria (in buona sostanza e dopo essersi scrollati di dosso i cascami retorici e burocratici dei sogni sulla possibilità della sua “giustezza” assoluta) si riduce quasi sempre alla ricerca del colpevole.

Il che coincide poi (ancora quasi sempre) con la ricerca di un colpevole (qualunque esso sia e quanto incredibile esso sia da un punto di vista logico e indiziario – il caso della Colonna Infame di manzoniana memoria docet ancora oggi e temo probabilmente per sempre) (1).

Il compito della giustizia (qualsiasi sia l’ordinamento politico, sociale, morale, di classe, di ceto o di categoria economica cui fa riferimento e di cui è il braccio armato) è, quindi, quello di garantire sempre l’esistenza di un colpevole.

Riches, grand commis della giustizia del paese immaginario (ma che a uno sguardo più attento non sembra poi più tale) in cui si svolge l’azione de Il contesto. Una parodia di Leonardo Sciascia non ha dubbi al riguardo. 

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REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana (7):”estrapolando dai Quaderni del carcere” di Giuseppe Panella

 

[Settima ed ultima parte del saggio REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana del prof. Giuseppe Panella, pubblicato sul numero 50 di “Futuro” (casa editrice Elara di Bologna). [QUI] la prima parte. [QUI] la seconda parte. [QUI] la terza parte. [QUI] la quarta parte. [QUI] la quinta parte. [QUI] la sesta parte. f.s. ]

 

di Giuseppe Panella

 

f) estrapolando dai Quaderni del carcere

 

Nell’Introduzione alla nuova edizione del suo Il Superuomo di massa, Umberto Eco non può fare a meno di riconoscere l’importanza avuta dalla lettura dei Quaderni del carcere per l’elaborazione di questo suo libro:

 

«Questo libro raccoglie una serie di studi scritti in diverse occasioni ed è dominato da una sola idea fissa. Inoltre questa idea non è la mia, ma di Gramsci. Per un libro che si occupa dell’ingegneria narrativa, ovvero del romanzo detto “popolare”, probabilmente questa è una soluzione ideale : esso infatti riflette nella sua struttura le caratteristiche principali del proprio oggetto – se è vero che nei prodotti delle comunicazioni di massa vengono elaborati in “luoghi” già noti all’utente e in forma iterativa. Nozioni, queste, che avevo già sviluppato in vari punti del mio Apocalittici e integrati (Milano, Bompiani, 1964 [39]). L’idea fissa, che giustifica anche il titolo, è la seguente: “mi pare che si possa affermare che molta sedicente “superumanità” nicciana ha solo come origine e modello dottrinale non Zarathustra, ma il Conte di Montecristo di A. Dumas” (A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, III, “Letteratura popolare”)» (40).

 

Umberto Eco aveva già provato questo modello di approccio (la sociologia del romanzo popolare di massa) nel suo libro precedente sull’argomento, quell’ Apocalittici e integrati (41) cui rimanda ancora nell’Introduzione succitata trasformando così questo suo secondo libro in una costola di quello che mantiene così un carattere più generale e più ampio:

 

«Non per questo la storia del superuomo di massa è da ritenersi conclusa. Rimangono innumerevoli casi in cui esso riappare. Si veda per esempio nel mio Apocalittici e integrati lo studio sul Superman dei fumetti, studio che a rigore avrebbe dovuto apparire in questa raccolta. E poi sarebbe interessante vedere i nuovi superuomini cinematografici e televisivi, belli brutti e cattivi, ispettori con le Magnum, teste rasate e berretti verdi. E l’apparizione (finalmente) della Überfrau, dalla Wonder Woman dei fumetti già anteguerra alla recentissima Bionic Woman. E i superuomini (o super robots) della fantascienza … Eccetera eccetera eccetera, benemerita schiera di cui già aveva detto una volta per tutte Gramsci : “il romanzo d’appendice sostituisce (e favorisce al tempo stesso) il fantasticare dell’uomo del popolo, è un vero sognare ad occhi aperti … lunghe fantasticherie sull’idea di vendetta, di punizione dei colpevoli dei mali sopportati…” » (42).

  Continua a leggere “REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana (7):”estrapolando dai Quaderni del carcere” di Giuseppe Panella”

REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana (6):”Sergio Solmi e le meraviglie del possibile” di Giuseppe Panella

[Sesta parte del saggio REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana del prof. Giuseppe Panella, pubblicato sul numero 50 di “Futuro” (casa editrice Elara di Bologna). [QUI] la prima parte. [QUI] la seconda parte. [QUI] la terza parte. [QUI] la quarta parte. [QUI] la quinta parte. f.s. ]

 

di Giuseppe Panella

 

e) Sergio Solmi e le meraviglie del possibile

 

L’antologia di racconti di fantascienza Le meraviglie del possibile, edita da Einaudi nell’ormai lontano 1959 dei primordi della diffusione in Italia della narrativa di anticipazione, non è stata solo la prima grande raccolta di testi di SF in ambito italiano ma ha costituito un’occasione (forse oggi irripetibile) di confronto con un genere letterario i cui esiti erano in larga parte sconosciuto al mondo culturale italiano. Il merito della felice riuscita di questa operazione è certamente attribuibile a Carlo Fruttero (che inserì nella raccolta perfino un proprio racconto firmato con il bizzarro pseudonimo di Charles F. Ostblaum) ma è soprattutto il frutto del grande interesse nutrito nei confronti del fantastico da parte di un poeta come Sergio Solmi (che, infatti, firmò l’Introduzione a quella pionieristica antologia).

In un suo scritto dedicato in maniera specifica alla natura letteraria della narrativa d’anticipazione, Solmi solleva il problema della qualità della scrittura che la contraddistingue in relazione alla sua originalità e alla sua novità (verificata in senso assoluto):

 

«E’ possibile giudicare la science-fiction coi metri dell’ordinaria letteratura, di fronte all’originalità storica e alla consistenza massiccia di un fenomeno che sembra reclamare, anzitutto, un’interpretazione complessiva sul piano sociale del costume di oggi, e, più addentro, un’interpretazione ideologica, ponendo mente alla sua singolare strutturazione utopico-fantastica?» (35).

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REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana (5):”l’intervento di Dorfles” di Giuseppe Panella

 

[Quinta parte del saggio REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana del prof. Giuseppe Panella, pubblicato sul numero 50 di “Futuro” (casa editrice Elara di Bologna). [QUI] la prima parte. [QUI] la seconda parte. [QUI] la terza parte. [QUI] la quarta parte. f.s. ]

 

di Giuseppe Panella

 

d) l’intervento di Dorfles

 

Con la consueta lucidità che lo contraddistingueva all’epoca, Dorfles ha scritto:

 

«E’ un dato di fatto che la fantascienza, come dice il suo nome, è basata sull’interpretazione fantastica di dati scientifici ; ed è sintomatico il fatto che siano proprio questi dati scientifici ad esercitare un particolare fascino sul pubblico. Naturalmente varia molto il livello a cui sono attinti tali dati e la loro elaborazione e la loro attendibilità ; ma la cosa ha un peso assai scarso sulla natura stessa del romanzo […]. Incide invece profondamente l’antica aristotelica legge della verosimiglianza (31): occorre che l’ eikós si verifichi anche in queste circostanze assurde, e persino del tutto irreali. […] Raggiunto dunque un certo limite di “improbabilità” (tale che non sia fonte di nuova informazione perché il suo quoziente informativo è divenuto negativo), anche la novità, la “inaspettatezza” del messaggio fantascientifico appare inefficiente. Mentre, d’altro canto – e sempre in maniera conseguente con le note leggi informative – l’eccessivo ripetersi di circostanze analoghe  (il “grande viaggio”, il mutante telepatico, lo zombi cadaverico, l’astronauta sempre vittorioso, ecc.) finisce per non raggiungere l’effetto voluto, proprio per il consueto del suo consumo, dell’entropizzarsi della sua efficacia, che in questo preciso campo è quanto mai acuto. Perciò il racconto viene a scostarsi man mano dalle tappe obbligatorie : si abbandonano le descrizioni delle prime colonie marziane, del “primo uomo sulla luna”, le descrizioni di viaggi nelle astronavi a propulsione normale perché ormai non offrono al lettore nessuna nuova “informazione” anche se sono condite d’avventure erotiche o sentimentali. Si assiste, invece, all’immissione di sempre nuovi elementi scientifici : dopo la scienza nucleare, si è passati all’adattamento dell’antropologia, della linguistica, della cibernetica, della semantica generale, della neuropsichiatria, della genetica e via dicendo ; la ragione del successo di queste inserzioni pseudo-scientifiche rientra a mio avviso in un altro fenomeno che è quello dell’adozione dei gerghi specifici» (32).

 

Dorfles sembra essersi accorto della quasi infinita malleabilità delle strutture narrative su cui si fonda la produzione fantascientifica e la possibilità (altrettanto foggiabile) di modificarla in una dimensione o in un’altra. Non esiste genere letterario più facilmente innestabile su tutti gli altri conosciuti e non esiste narrazione fantascientifica che non contenga almeno un aspetto derivato da altri codici narrativi (il romanzo storico, il romanzo d’amore, il western, il poliziesco, lo spionaggio e i loro sottogeneri possono essere tranquillamente sussunti e trasformati in chiave di narrativa d’anticipazione). E’ probabile che questo sia uno dei punti di forza della pratica letteraria della fantascienza ma che possa costituire anche il (o uno dei ) suo “tallone d’Achille”.

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REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana(4):”quel che ne dice Curtoni (e forse anche Galvano Della Volpe)” di Giuseppe Panella

[Quarta parte del saggio REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana del prof. Giuseppe Panella, pubblicato sul numero 50 di “Futuro” (casa editrice Elara di Bologna). [QUI] la prima parte. [QUI] la seconda parte. [QUI] la terza parte. f.s. ]

 

 di Giuseppe Panella

 

c) quel che ne dice Curtoni (e forse anche Galvano Della Volpe)

 

Nella Premessa dell’Autore che apre Le frontiere dell’ignoto e che necessariamente segue l’Introduzione di Carlo Pagetti (e anche su quest’ultima bisognerà ritornare per approfondire il discorso), Curtoni scrive:

 

«Riordinando e aggiornando la mia tesi di laurea per la pubblicazione, mi sono accorto di una curiosa dicotomia che percorre senza tregua queste pagine. Da una parte c’è il desiderio di meditare razionalmente  sulla fantascienza, mettendone in luce limiti e difetti (è questo il motivo conduttore, mi sembra, di tutto il primo capitolo) ; dall’altra ci sono i quasi vent’anni di frequentazione di testi fantascientifici, le passioni, gli amori, gli impulsi emotivi che mi impediscono sovente il necessario distacco dalla materia ; nonché la fondamentale importanza che la science-fiction ha avuto nella mia vita d’uomo e di professionista. Siamo onesti, però : non ho finora rintracciato un solo saggio che sia opera di un “addetto ai lavori” e che mostri la tanto bramata obiettività del critico estraneo ai fatti. In particolare, se mi è concessa l’illustre citazione, vorrei richiamare all’attenzione del lettore di Damon Knight di In Search of Wonder, il quale proclama di voler analizzare la fantascienza al lume degli strumenti consoni ad un esegeta di letteratura e poi s’abbandona, in un miliardo d’occasioni, ad affermazioni su cui ci sarebbe molto da discutere. E lo stesso vale per Pgetti, per Aldani, per Amis, per Aldiss, per Sadoul ; per tutti, insomma» (23).

 

Il che è ovviamente vero e un evento dolorosamente (si fa per dire!) costante nella storia della critica letteraria – anche se espulsa con vigore dalla porta dell’oggettività, la soggettività rientra dalla finestra della polemica e si insedia trionfalmente nel salotto buono della discussione ermeneutica. Allo stesso modo, ovviamente (e come ha scritto) Curtoni non nasconde le proprie preferenze e lo fa privilegiando una SF più “adulta” e critica nei confronti del “suo” presente ma non si nasconde neppure (correttamente) la necessità di dover andare oltre i contenuti della narrativa di anticipazione e di dover provare a individuare dei criteri formali per poter dare dei giudizi più sicuri e meno basati sulle preferenze personali.

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REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana (3):”la prospettiva (mancata) di Franco Ferrini” di Giuseppe Panella

[Terza parte del saggio REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana del prof. Giuseppe Panella, pubblicato sul numero 50 di “Futuro” (casa editrice Elara di Bologna). [QUI] la prima parte. [QUI] la seconda partef.s. ]

 

di Giuseppe Panella

 

b) la prospettiva (mancata) di Franco Ferrini

 

Dopo questa necessaria riflessione sulla proposta ermeneutica di Aldani (una delle prime di tale ampiezza ad essere stata prodotta in Italia), il cammino successivo potrà (fortunatamente per i miei “venticinque lettori ” di manzoniana memoria e ascendenza!) essere assai più rapido e spiccio.

Nel suo libro su Le frontiere dell’ignoto, Curtoni  concede un certo spazio – come si è già detto – alle riflessioni generali sull’argomento-fantascienza a Franco Ferrini, allora giovane critico cinematografico rampante. Nel suo libro di sintesi, quest’ultimo, polemizzando con le troppo frequenti soluzioni escapiste (o mistico-trascendenti), adottate dalla fantascienza (di solito) anglosassone, scrive che in casi del genere (a suo avviso sempre più frequenti):

 

«Viene meno, allora, ogni possibilità di autorealizzazione e di sviluppo autonomo del soggetto umano e della società […] La meccanicità del processo, visto come un sistema chiuso e strutturato deterministicamente, priva il soggetto umano di qualsiasi possibilità di intervento e di modificazione della realtà e delle proprie condizioni materiali di esistenza ; lo sottomette ad un sistema di leggi rigidissime, di dati, di fattori incontrovertibili, che egli non può nemmeno intaccare […] Il soggetto umano diventa mero spettatore. […] L’uomo è ormai una cosa tra le cose. La dialettica è stata ribaltata nelle cose. Ma quando si afferma l’esistenza di un corso oggettivo e l’ineluttabilità di un certo processo di sviluppo, si esclude anche ogni possibilità concreta di critica e di contestazione. La dialettica è una falsa dialettica. […] L’insistenza su un ordine immutabile dell’universo, in cui è implicita una visione statica della storia, relega il soggetto umano nella condizione di un’eterna infanzia così nella comunità come nella natura» (20).

 

Ferrini, di conseguenza, accusa la fantascienza di attuare un vero e proprio “spossessamento della storia” in nome di un’operazione di copertura e di nascondimento delle reali contraddizioni esistenti in seno alla società e in nome dei privilegi dei veri detentori del potere politico e sociale.

Tutto qui? Un’accusa di questo tipo (nello stesso tempo così fragorosa e proprio per questo così innocua) potrebbe valere per tutta l’arte la letteratura e l’industria dell’entertainment.

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REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana (1): “Ma esiste una fantascienza italiana?” di Giuseppe Panella.

[Con questa prima parte (le altre 6 verranno pubblicate con cadenza di due o tre giorni) inizia la pubblicazione dell’interessante saggio REGOLE PER SOPRAVVIVERE. Modelli di analisi per una storia della fantascienza italiana del prof. Giuseppe Panella, pubblicato sul numero 50 di “Futuro” (casa editrice Elara di Bologna). f.s. ]

 

di Giuseppe Panella

 

 

«Quattro sono le storie. Una, la più antica, è quella di una forte città assediata e difesa da uomini coraggiosi. … Un’altra, che si ricollega alla prima, è quella di un ritorno. … La terza storia è quella di una ricerca. Possiamo vedere in essa una variante della forma precedente. Giasone e il Vello ; i trenta uccelli del persiano, che attraversano montagne e mari e vedono la faccia del loro Dio, il Simurg, che è ognuno di loro e tutti loro. Nel passato ogni impresa era fortunata. …Adesso, la ricerca è condannata all’insuccesso. Il capitano Achab trova la balena e la balena lo fa a pezzi; gli eroi di James o di Kafka possono aspettarsi soltanto la sconfitta. … L’ultima storia è quella del sacrificio di un dio. … Quattro sono le storie. Per tutto il tempo che ci rimane continueremo a narrarle, trasformate»

(Jorge Luis Borges, L’oro delle tigri)

 

«Alla domanda : – “Che cosa è la fantascienza ?” – si potrebbe rispondere celiando (ma non sarebbe una celia sciocca): che la fantascienza è ciò che tutti sanno che cosa sia»

(Benedetto Croce, Breviario di estetica [1])

 

Ma esiste una fantascienza italiana?

 

In questo preludio (o meglio, in questi prolegomeni) si parlerà soprattutto di teoria letteraria e sociologica. I lettori sono avvisati.  L’ applicazione dei modelli ermeneutici qui proposti e analizzati ai testi più significativi della tradizione fantascientifica italiana è rimandata a una serie di articoli che seguiranno a breve. La scelta di una premessa metodologica (ma  non priva di esemplicazioni e in vista di esse) è dovuta alla necessità di rispondere alla domanda cruciale con la quale questa trattazione si apre perplessa ma fiduciosa.

Questa domanda rimanda, di necessità, ad un’altra domanda altrettanto fondamentale – e cioè che cosa sia veramente la fantascienza (2).

Vittorio Curtoni, in un suo libro del 1977 che rimane a tutt’oggi il più autorevole tentativo di storia della fantascienza in Italia (3), se la cava con una definizione di una certa secchezza:

 

«La science-fiction come fenomeno letterario di massa nasce il 5 aprile del 1926, con la pubblicazione in America del primo numero di “Amazing Stories” (Storie sorprendenti), rivista che esiste tuttora. Il suo fondatore, Hugo Gernsback, era un elettrotecnico d’origine lussemburghese, già autore d’ingenui romanzi di tipo avveniristico. Nell’editoriale di quel primo numero egli annunciava di voler pubblicare: “… Quel tipo di storie scritte da Jules Verne, H. G. Wells ed Edgar Allan Poe – un affascinante romanzo fantastico, in cui si mescolino fatti scientifici e visioni profetiche… “. Largo spazio doveva essere concesso anche agli autori esordienti, in modo da dare vita ad una vera e propria scuola. Oggi Gernsback è considerato il padre fondatore della fantascienza, e non per nulla il massimo premio specializzato, assegnato annualmente dagli appassionati americani alle migliori opere del campo, si chiama “premio Hugo”. Se, come nota Pagetti, il richiamo ai “fatti scientifici” e alle “visioni profetiche” ha pesantemente influito sui destini della science-fiction, portandola sovente a soffocarsi nelle pastoie d’uno scientismo ingenuo dal punto di vista sociale e disperatamente teso ad una coerenza interna perseguita a tutti i costi, è anche vero che in un ambito del genere la fantascienza poteva trovare il materiale più adatto per fare presa sul pubblico» (4).

 

Quello che Curtoni scrive è certamente vero ma rischia di far coincidere il termine con l’oggetto.

La domanda che vorrei pormi nel corso di questo saggio è, infatti, proprio questa: la fantascienza è (o è stata) solo quella della narrativa contenuta nelle riviste ad ampia tiratura popolare o nelle collane di libri altrettanto popolari ad esse collegate o c’era stata anche prima magari con nomi diversi da quello genialmente coniato da Hugo Gernsback?

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LA NOSTALGIA E’ SEMPRE QUELLA DI UN TEMPO. La poesia, i poeti e il Mediterraneo di oggi

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LA NOSTALGIA E’ SEMPRE QUELLA DI UN TEMPO
La poesia, i poeti e il Mediterraneo di oggi

di Giuseppe Panella

«E poi al mattino dimentichiamo. Non sappiamo neanche più riconoscere le finestre che brillavano nella notte. Tornata la luce del giorno, esse sono tutte uguali. E di giorno, sulla Piazza, tutto è allegro, sempre. Se piove, diciamo: “Che tempo!”; se fa bello, diciamo: “Che tempo!”. Mi sono fatta tornare a casa. Ero pericolosamente vicina a cadere nella cronaca. Non sarebbe mai finito. Non c’era ragione per non continuare fino alla mia morte… Con una certa ipocrisia ho giocato sulle parole “memoria” e “nostalgia”. Non posso giurare di essere stata di una sincerità totale quando affermavo di non provare nostalgia. Ho forse la nostalgia della memoria non condivisa…»
(Simone Signoret, La nostalgia non è più quella di un tempo, trad. it. di Vera Dridso, Torino, Einaudi, 19802, p. 390)

1.

La poesia è sempre nostalgia (la Nostalgia) di qualcosa che si è perduto.
E’ il rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, la volontà di ritrovare il passato e di anticipare il futuro sulla base di ciò che una volta fu e non è mai più ritornato, è il desiderio di ripetere i momenti felici e di esorcizzare quelli sbagliati, infausti, infelici, paurosi, assurdi.

«Felice il tempo nel quale la volta stellata è la mappa dei sentieri praticabili e da percorrere, che il fulgore delle stelle rischiara. Ogni cosa gli è nuova e tuttavia familiare, ignota come l’avventura e insieme certezza inalienabile. Il mondo è sconfinato e in pari tempo come la propria casa, perché il fuoco che arde nell’anima partecipa dell’essenza delle stelle: come la luce dal fuoco, così il mondo è nettamente separato dall’io, epperò mai si fanno per sempre estranei l’uno all’altro. Perché il fuoco è l’anima di ogni luce e nella luce si avvolge ogni fuoco. Così ogni lato dell’anima riceve un senso e giunge al compimento entro questa duplicità: esso è compiuto nel senso e compiuto per i sensi, è perfetto perché l’anima riposa in se stessa mentre muove all’azione; è perfetto, ancora, perché il suo agire si stacca da essa e, fattosi autonomo, perviene al proprio centro e si iscrive in un suo conchiuso ambito. “Filosofia è propriamente nostalgia – dice Novalis – anelito a fare di ogni dove la propria casa”. Pertanto la filosofia, sia come forma di vita che in quanto elemento formante e contenuto della poesia, è sempre il sintomo della scissura tra interno ed esterno, il segno della intrinseca discrepanza fra io e mondo, della non-conformità fra anima e azione» (1).

Non è più possibile viaggiare avendo come unica mappa per il percorso voluto la volta stellata, ormai – il viaggio autentico e rimembrante è solo quello che si può compiere nella mente e mediante il quale il tempo passato si congiunge a quello presente in nome di una sintesi futura a venire. Viaggiare come capacità e desiderio di colmare quella scissura (di cui accenna Lukács) per sanare il dolore che la nostalgia inevitabilmente produce. D’altronde la nostalgia non è forse il “dolore del e per il ritorno” (come i dizionari della lingua italiana e Milan Kundera nel suo romanzo L’ignoranza (2) spiegano a perfezione?) .

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POTERE (EDITORIALE) E LETTERATURA: RIVINCITA DEL WEB E MORTE DELL’ AUTORE

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 [Il saggio “Potere (editoriale) e letteratura: rivincita del web e morte dell’autore” del professor Giuseppe Panella verrà pubblicato nel prossimo numero speciale de Il Ponte (rivista fondata nel ’45 da Calamandrei) dedicato alla letteratura in Italia oggi. f.s. ].

POTERE (EDITORIALE) E LETTERATURA: RIVINCITA DEL WEB E MORTE DELL’ AUTORE

di Giuseppe Panella

«Rivolevo indietro il mio libro perché mi piaceva scrivere. Mi piaceva avere un progetto da portare a termine e mi piaceva soprattutto se si trattava di un progetto difficile come scrivere un libro. Inoltre continuavo a non sapere chi avesse ucciso Wellington e nel mio libro c’erano tutti gli indizi che avevo scoperto e non volevo che venissero buttati via»
(Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte)

.

1. Letteratura stampata on demand

Martedì 6 marzo di quest’anno il noto scrittore milanese Giuseppe Genna (1) annunciava, con molta fierezza e una punta di commozione, sul proprio sito web (denominato perlappunto GIUSEPPE GENNA) una notevole e avvincente novità editoriale:

«Svelo la sorpresa, che è tale per gli aficionados che frequentano questo sito e leggono i miei libri. Ho deciso di pubblicare, a puntate, i capitoli dell’inedito MEDIUM, che è il mio libro più intimo e scatenato. Al termine della pubblicazione, verrà reso disponibile il libro in forma integrale, in un file pdf scaricabile gratuitamente. Chi desiderasse avere la versione cartacea, il libro fisico vero e proprio, con tanto di copertina, da subito può ordinarlo cliccando qui o sulla cover a sinistra: costa 6.97 euro, il costo della nuda stampa, io non ci guadagno un centesimo. Il libro è pubblicato scavalcando ogni editore: non ha editore, viene stampato e spedito attraverso un sistema eccezionale di print on demand. E’ allestito un sito con contenuti speciali riguardanti MEDIUM: il progetto, cos’è questo , i personaggi principali, la colonna sonora del libro, brani scelti letti dal sottoscritto in mp3 e ulteriori info su come acquistare fisicamente il libro. MEDIUM per parecchio tempo contaminerà questo sito: è per me un progetto importante, un abbraccio fuori mercato tra autore e lettore, che si avvicinano senza filtri economici. Nel frattempo, continua la seconda stesura del nuovo libro a cui sto lavorando, ma per il momento la priorità è MEDIUM: un progetto che subitaneamente è stato realizzato e a cui tengo molto. Dal sito ufficiale di MEDIUM, desumo la pagina di spiegazione del progetto e la pubblico qui di seguito. Stay tuned. La rivoluzione è in corso d’opera: è l’opera.

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