SUL TAMBURO n.78: Marino Magliani, “Prima che te lo dicano altri”

Marino Magliani, Prima che te lo dicano altri, Milano, Chiarelettere, 2018

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di Giuseppe Panella

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Questo romanzo si basa su un desiderio rimasto inesausto: mettere in parole la nostalgia di una patria nella quale non si è potuto vivere come si sarebbe voluto. I personaggi della storia si ritengono tutti esuli (molti, come Christel, la matura mediatrice di immobili per i “russi” di cui Leo si invaghisce e che vorrebbe portarsi a letto) e il loro soggiorno sulla riviera ligure Magliani è un narratore nato e la sua ricerca linguistica non è mai disgiunta dalla volontà di raccontare storie, di illuminare con la luce radente dello stile vicende umane di grande spessore e di dolorosa potenza. Questo suo ultimo romanzo racconta un durissimo apprendistato di vita ma anche la struggente riconquista di un passato. Leo Vialetti di Sorba (Imperia), ligure come quasi tutti i protagonisti dei romanzi di Magliani, nasce e appartiene a una Liguria scabra, rocciosa, poco generosa con i suoi abitanti che pure la amano, costruita su baluardi montuosi, intervallati da brevi tratti di pianura, da salite erte e difficili, popolata di cinghiali e di uomini spesso più testardi e duri di quegli stessi animali selvatici cui danno la caccia.

Nello stesso tempo, il romanzo di Magliani descrive un mondo che dovrebbe risultare radicalmente opposto a quello nativo del protagonista: la Liguria e l’Argentina appaiono nelle sue pagine due continenti diversi e lontanissimi, eppure simili nel loro rapporto con l’umanità dolente che le abita.

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SUL TAMBURO n.51: Marino Magliani, “Carlos Paz e altre mitologie private”

Marino Magliani, Carlos Paz e altre mitologie private, Genova, Amos Edizioni, 2016

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di Giuseppe Panella

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Più che di mitologie private sono in questione, in questa raccolta di racconti, i sogni e le aspirazioni letterarie di Marino Magliani. Molti dei testi contenuti in questo suo libro che è quasi una sintesi dei suoi temi maggiori e delle sue aspirazioni letterarie più forti sono riflessioni sull’arte dello scrivere, divagazioni poetiche sulla vita e le sue difficoltà maggiori, progetti di ulteriori romanzi.

E’ noto (e comprovato anche da prestigiosi riconoscimenti ottenuti negli ultimi anni) che il tema che maggiormente mette alla prova la mente narrativa di Magliani è quello dell’esilio (letterale e letterario insieme). Perché Magliani è uno scrittore per vocazione ma ha potuto estrinsecarla e metterla in valore solo fuori dal suo terreno naturale di coltura (la Liguria rocciosa e spesso abbandonata del territorio di Imperia) e ha dovuto trapiantarla in terre straniere e più o meno accoglienti (l’Argentina la Spagna la Germania IJmuiden vicino ad Amsterdam dove vive attualmente e dove preferibilmente lavora e produce letteratura).

Per questo motivo, Villa Carlos Paz in Argentina rappresenta il luogo del dislocamento assoluto e, infatti, proprio nel racconto con questo titolo, l’Io narrante vive le sue stesse esperienze di estraneamento assoluto e di doloroso quanto necessario trapianto di sé in un corpo estraneo e spesso ostile, un trapianto che però non è solo una mutilazione di sé ma anche un arricchimento poderoso della propria soggettività. I viaggi, la morte si potrebbe dire, parafrasando il titolo di una raccolta di saggi di Gadda: i viaggi sono l’anticamera, la prefigurazione della morte e quest’ultima consiste nella rarefazione della vita. La scrittura rende conto di questo processo: la sabbia, la povere, i residui solidi eppure volatili di cui si nutre il primo testo del libro ne è metafora chiarificatrice e illuminante.

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Marino Magliani, “Il creolo e la Costa”

marino-magliani-il-creolo-e-la-costaMarino Magliani, Il creolo e la Costa, Fusta editore, 2016, pp.155, € 16

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di Stefano Costa

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C’è qualcosa che nasce dalla penna di Marino Magliani e che riesce sempre, romanzo dopo romanzo, a narrare di uno specifico tassello di mondo: e per uno scrittore qual è Magliani, mi dico, quel mondo è sempre lo stesso, eppure in espansione.

Quest’illusione – quella di abitare un mondo unico e plurale assieme – è generata dalla specificità semantica: luce, solitudine, qualcosa che ha a che fare con il silenzio. Qui, ne Il creolo e la Costa, la semantica del silenzio è stata declinata all’esperienza dell’attraversamento. La figura principe – quella di Manuel Balgrano: il generale che ha dato i natali all’Argentina – è personalità storica e personaggio romanzesco insieme. Dal Nuovo continente al Vecchio, da Buenos Aires a Londra, da Londra a Costa d’Oneglia: l’attraversamento fisico è solo una rotta, niente più.

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“Il canale bracco” e “Tre montagne”. Scarti semantici

Tre montagne di Matteo Meschiarimagliani_braccoIl canale bracco e Tre montagne. Scarti semantici

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di Stefano Costa

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Ho aperto più volte su una pagina a caso “Tre montagne”, prova narrativa in tre tempi di Matteo Meschiari (pubblicato a fine 2015 da Fusta, editore indipendente di casa a Saluzzo, in provincia di Cuneo). L’esperienza è quella di una solida semantica, di una cerchia di termini e combinazioni che indagano – attraverso un’analisi che non esiterei a dire “scientifica” – la trasformazione del gesto in parola. Il gesto di cui si narra in tutti e tre i capitoli di quella che sembra essere, anche se non lo è appieno, un’unica storia, chiama lo stigma preistorico, il graffio fissato per sempre in una roccia – il segno che un essere umano può ritrovare a distanza di millenni, mutato nel tempo ma sempre uguale a se stesso. Tale il destino del fossile: quello di impoverirsi di tessuto muscolare, quello di veder asciugarsi il nervo che ne percorreva il dorso al fine di lasciar affiorare le informazioni criptate nella sabbia delle ossa, e in esse soltanto.

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Marino Magliani, “Soggiorno a Zeewijk”

Marino Magliani. Soggiorno a ZeewijkMarino Magliani, Soggiorno a Zeewijk, Amos edizioni, 2014, pp.169, € 14

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di Francesco Sasso

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Marino Magliani è autore di un affascinante libro che contiene brani profondi dedicati alla città d’adozione e a quella di nascita. Il testo è soprattutto l’indagine penetrante e sofferta dell’autore stesso e dei luoghi dell’anima, le sue passeggiate a Zeewijk, lo scrutare attraverso le finestre la vita degli olandesi o nella memoria del cuore. L’autore è un creatore di miti, basati sulla stretta osservazione della vita e ispirati da un appassionato amore per i luoghi. Magliani è autore completo, leggero, lirico, indagatore dei conflitti più intimi.

Il ritmo della narrazione è generalmente agile e franco: la lingua semplice, affabile e senza fronzoli di compiaciuta letteratura; certi scorci paesaggistici, e più ancora certe macchiette, rivelano lo scrittore esperto a selezionare e a dosare linee e colori; qualche personaggio – come Pier Van Bert – è invenzione felicissima e ritratto vitale.

f.s.

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Marino Magliani, “Il Canale Bracco”

magliani_braccoMarino Magliani, Il Canale Bracco, Fusta Editore coll. Bassa Stagione, 2015, pp. 127, euro 12,00.

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di Andrea B. Nardi

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Ogni tanto bisogna tornare a Magliani. Come dopo un vino cattivo, uno spumante da poveri del cenone triste cui c’eravamo fatti convincere invece di starcene a casa coi nostri cani: il giorno dopo si ha voglia solo di acqua pulita e fredda, quelle fonti in mezzo ai prati d’alta montagna che mentre bevi senti attorno l’alito del fieno. Magliani è quella fonte; ripulisce via tutto, disseta e sazia, depura ogni nostro errore, riporta in equilibrio le nostre precarie fantasie.
La domanda odiata da ogni scrittore: «un romanzo di che tipo?». La domanda che dovrebbe essere odiata da ogni lettore: «di che parla?».
Un romanzo diventa letteratura solo se non è così codardo da chiudersi dentro un tipo (poliziesco, giallo, rosa, d’avventura, per ragazzi, per adulti, thriller, vegano, senza glutine, pastorizzato o di fantascienza): Anna Karenina che cos’è, un romanzo d’amore? E Raskol’nikov si muoverebbe dentro un legal-noir? Balle.
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Marino Magliani & Marco D’Aponte, “Sostiene Pereira”

Sostiene Pereira, di Marino Magliani Marco D’AponteMarino Magliani & Marco D’Aponte, Sostiene Pereira, Tunué 2014, pp. 174, euro 19,90.

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di Andrea B. Nardi

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Si è ricomposta la coppia Marco D’Aponte & Marino Magliani, premiata ditta già autrice di Quattro giorni per non morire (Transeuropa), ma dove questa è un’ottima graphic-novel di alto profilo, Sostiene Pereira va oltre e raggiunge i crismi dell’opera d’arte. Non abbiamo tema di essere smentiti: la versione grafica del romanzo di Tabucchi è una galleria di dipinti veri e propri, niente a che fare con le graphic cui potreste essere abituati, nemmeno quelle di miglior fattura. Chi conosce il lavoro di D’Aponte non si stupisce, in verità: pittore professionista, professore di disegno, il maestro torinese è un artista autentico, non un graffitaro o un fumettista tout-court, quindi nel campo della grafica d’autore lascia un segno personalissimo improntato a una propria poetica ben precisa, intellettuale ed emozionale.

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Marino Magliani, “Soggiorno a Zeewijk”

Marino Magliani. Soggiorno a ZeewijkMarino Magliani, Soggiorno a Zeewijk, Amos Edizioni, 2014, pp. 175, € 14,00

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di Marco Drago

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Marino Magliani è uno scrittore atipico: non vive in Italia da quasi trent’anni e frequenta poco i social network; non è giovane, non è un hipster e soprattutto non ha idea di che cosa sia un hipster; al tempo dei “cannibali” non scriveva ancora o, almeno, non pubblicava; non si sforza di partecipare alla vita politica del Paese né potrebbe farlo, lontano com’è dal tumultuoso circo mediatico/istituzionale nel quale noi, invece, poveracci, ci rotoliamo come maiali nel fango. Dal 2003 a oggi ha scritto otto romanzi, una guida ciclistica ad Amsterdam, una raccolta di racconti a quattro mani con Vincenzo Pardini e una con Giacomo Sartori. Ha cinquantaquattro anni, vive a Ijmuiden, in Olanda, nell’artificioso quartiere di Zeewijk, ma ha quasi sempre scritto della sua natia costa di Ponente della Liguria.

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PITTURE NERE n.6: Il cane

Gaetano Vari, La condizione umana. 2011, Cm 60x120, olio e acr. su tela
Gaetano Vari, La condizione umana. 2011, Cm 60×120, olio e acr. su tela

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di Lorenzo Muratore

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Quello di Marino non è il cane di Ulisse. È sì un cane vero, ma talmente inseparabile dall’ironia, da divenire una più nera pittura: dapprima è come il sogno di un Prigioniero che sa che anche la libertà del salto possibile è troppo rischiosa: la rete è troppo alta.

L’ultimo cane che il padrone aveva seppellito era morto proprio impiccato a quel modo; nel salto.

Di solito per portare a perdere i cani, il padrone sceglieva qualche paesetto dell’entroterra…

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PITTURE NERE n.5: Marino Magliani, “Il collezionista di tempo”

Marino Magliani, Il collezionista di tempoMarino Magliani, Il collezionista di tempo, Sironi ed., 2007, pagg. 204, € 12,90

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di Lorenzo Muratore

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Mi rendo conto che in questa fuga tra gli scritti di Marino Magliani ho trascurato la pagina più sontuosamente spigliata ed evasiva: quella sul sonno della Liguria, che punisce, con le sue gocce preziose di silenzio, tanto la dolcezza triste che la sfida di chi ha avuto delle visioni celesti.

Ci sono finestre che non si accendono più, e rane che tacciono; e il mare è tutto quel buio…

Sarebbe stato possibile correggere il destino?

Forse, quando da un altro mondo una voce ti avesse avvertito.

Marino Magliani non rinunzia mai all’Almanacco. Egli ti dice che “il 3 agosto” alla tal ora.

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PITTURE NERE n.4: Uno sguardo sul porto. Marino Magliani, “La Tana degli Alberibelli”

Uno sguardo sul porto. Marino Magliani, La tana degli Alberibelli,  ed. Longanesi, 2009 – pagg. 329, € 18,00

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di Lorenzo Muratore

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Dovunque lo conducesse il vento e il flutto spumeggiante l’uomo dei navigli di mare era felice.

I nostri cuori sono liberi e sconfinati quando sono inghiottiti dall’azzurro.

Ora, per Jean Martin è diverso. Egli è autorizzato da una commissione di governo, e l’operazione a cui sta lavorando, per quanto riempita di presentimenti, non è che un lavoro normale.

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PITTURE NERE n.3: Marino Magliani, “Quella notte a Dolcedo”

Marino Magliani, Quella notte a DolcedoMarino Magliani, Quella notte a Dolcedo, Longanesi, 2008, Pagg 264 , € 16,00

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di Lorenzo Muratore

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Le sicure pagine di “Quella notte a Dolcedo” svolgono dai veli della nebbia lo “spinoso affare” della strage nel pozzo.

Hans Lotle, disciplinato soldato tedesco, vi fu tratto in una specie di imboscata morale.

“Lo sguardo si era infilato nel folto di un rovo e l’aveva vista per caso. Gli occhi della bambina spiavano il loro passaggio dal folto dei rovi…

Per un paio di giorni s’era tenuto dentro anche quegli occhi, ma adesso aveva chiesto di essere ricevuto dal capitano…”.

Il quale, alle spalle del soldato, pronunciò strane parole: Sadrach, Mesach, Abdenego.

Parole che sono un filo per uscire dal labirinto: ma colui che dovrebbe uscire non le comprende.

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PITTURE NERE n.2: Il volo del colibrì. Marino Magliani, “Quattro giorni per non morire”

Marino Magliani, Quattro giorni per non morireIl volo del colibrì. Marino Magliani, Quattro giorni per non morire, Sironi editore, 2006, pp.156, € 12,90
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di Lorenzo Muratore

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Ci sono uomini che cercano di comprarsi un’ora di vita; e si sforzano di negare la propria leggenda; ma è come se quella leggenda li precedesse, e fosse già scritta nel cielo.

Un progetto, quasi un manifesto di tutto ciò, viene accennato nel frontespizio di “Quattro giorni per non morire”.

Sappiamo che anticamente un giovinetto veniva scelto per via della bellezza e della grazia; lo riverivano, lo adoravano (ma era come prigioniero, perché non fuggisse), suonava un piccolo flauto, ed attendeva…

S’imbarcava poi su una canoa: le strade verso Dio sono rovine, e abissi di nera foresta, massiccia giogaia sospesa a picco.

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PITTURE NERE n.1: Marino Magliani, “L’ estate dopo Marengo”

Marino Magliani, L'estate dopo MarengoMarino Magliani, L’ estate dopo Marengo, Philobiblon Editore, 2003, pp.142, € 10
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di Lorenzo Muratore

Alla vigilia di muovere verso l’Italia, il Primo Console venne informato d’un alto tasso di diserzioni tra i soldati: sulle cause dell’insolito scoraggiamento fu costituita una Commissione d’inchiesta. Perché, ad esempio, quei due granatieri dalle barbe lunghe, le pupille ardenti, se ne stanno sdraiati e immobili? Queste donne color dell’ombra… Questo cielo di sabbia.

C’è chi sospetta che certi semi gettati sopra le pietre roventi emanino un vapore, inebriati dal quale diventano ebbri respirando fumo; oppure che una bevanda li immerga in un sonno di visioni paradisiache. E così imprigionato nel suo grembo, il soldato cessi di combattere, e preso da queste libertà di navigar per l’aere, diserti.

La guerra è stata imposta alla Rivoluzione; e dalla funesta dialettica di quelle gloriose spedizioni lontane; − che serbano in sé il rumore della Rivoluzione, senza più mettere al primo posto la libertà − nacque un vuoto, nel cuore dei francesi.

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STORIA CONTEMPORANEA n.98: Almeja che visse due volte. Marino Magliani, “La spiaggia dei cani romantici”

Almeja che visse due volte. Marino Magliani, La spiaggia dei cani romantici, Milano, Instar Libri, 2010

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di Giuseppe Panella*


«Life is as tedious as a twice-told tale, / Vexing the dull ear of a drowsy man»
(William Shakespeare, The Life and Death of King John)

 

La spiaggia dei cani romantici è, in prima istanza, un omaggio alla poesia di Roberto Bolaño (Los perros romanticos è una raccolta di poesie del 2000 dello scrittore cileno ancora inedita in Italia). Ma della scrittura di Bolaño, così volutamente complessa e così piena di echi letterariamente esibiti e voluti (giusta la lezione compositiva di Jorge Luis Borges), il romanzo di Marino Magliani non ha molto. Va detto, però, che la scrittura volutamente serrata e discorsiva dello scrittore di Imperia nasconde una strategia di narrazioni e di intrecci di echi letterari molto più fitta e molto più culturalmente mossa di quanto sia confessabile a una prima lettura. La storia stessa di Almeja, ad esempio, rivela un intreccio di riferimenti che va al di là del puro e semplice aneddoto. La storia di Wakefield, protagonista di uno dei più noti e più bei racconti di Nathaniel Hawthorne ed eroe eponimo del testo contenuto nei Twice-Told Tales del 1837-1842, ricorda molto quello che capiterà al giovane Luis Enrique Dronero detto Almeja (cioè vongola) per la sua mancanza di collo e che lui vorrà coscientemente che gli accada, per delusione circa il suo destino (la donna che lo aveva seguito da Lincoln in Argentina fino a Bastieto in provincia di Imperia lo abbandonerà per andare a vivere con il cugino Ferruccio che li aveva ospitati nella sua casa) e per volontà di disincantamento nei confronti delle proprie possibilità di vivere nel mondo. Come racconta con precisione Borges in Altre inquisizioni (una raccolta di racconti che sia Bolaño che Magliani conoscono assai bene):

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Perché i morti non serbano rancore. Intervista a Nando Vitali.

Nando Vitali, I morti non serbano rancore, Gaffi, 2011, Pagg. 296, 15.50 €
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di Marino Magliani

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E’ possibile pensare a un romanzo sulle foibe senza farsi sfiorare dal pregiudizio: un libro sul revisionismo? Devo ammettere che io ci casco sempre, ed è la prima cosa che mi è venuta in mente: la solita corrente… Mi è successo lo scorso dicembre, a Roma, durante la Fiera dei libri. Presi il libro e non lo lessi subito, intendo in quei giorni. Eppure sarebbero bastate due pagine, tre, forse (cominciai a leggere e a pensarci su dopo una decina di giorni, distante qualche migliaio di chilometri) per capire che I morti non serbano rancore, di Nando Vitali (Gaffi, 2011) era un’altra cosa, era una cosa che faceva i conti con dell’altro, entrava nelle cicatrici carsiche ma non se ne serviva per… Forse se ne serviva solo per uscirne, una volta per tutte. Se ne serviva un figlio, Lorenzo Goretti, senza mai esserci stato, nel ventre dei carsi, eppure si può dire anche senza esserne mai uscito. Perché questa è la storia di una di quelle guerre che non finiscono mai, di un padre che l’ha combattuta e di un figlio che l’ha ricevuta come un’eredità, una disfunzione genetica, se mi si consente, un trauma. A volte si riesce solo a guarire, o a tentare almeno di capire, attraverso qualcosa… Ma cosa? Il racconto che proviene dal proprio sangue?

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Nel ventre di Amsterdam. Marino Magliani, “Amsterdam è una farfalla”

Marino Magliani, Amsterdam è una farfalla, Ediciclo editore, 2011, pp. 219, € 13,00

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di Francesco Sasso

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È da pochi mesi in libreria il nuovo libro di Marino Magliani, Amsterdam è una farfalla, accolto nella collana Ciclopolis che, come recita la quarta di copertina, «ospita libri che raccontano le città attraversate a pedali (ecc.)». Eppure il libro di Magliani non è una guida per cicloamatori. In questa opera, lo scrittore ligure scrive pagine pregevoli per colorita evidenza descrittiva, finezza e precisione, ma l’anima dello scrittore fugge dinnanzi all’ufficio di informazione pedantesca per rifugiarsi nell’aneddotica, nella collezione di ritratti di personaggi olandesi, nelle disinvolte volute della fantasia.

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Aa.Vv, “C’era (quasi) una volta”

Si chiama C’era (quasi) una volta la raccolta di fiabe (o quasi-fiabe) appena uscita per la Senzapatria Editore. Il volume nasce da un’idea di Marino Magliani.

Dal sito dell’editore:

«Tutti i profitti derivanti dalla vendita saranno devoluti a NutriAid, un’organizzazione umanitaria indipendente, nata nel 1996, con sede nazionale a Torino e sedi locali in varie regioni d’Italia. NutriAid opera in Rwanda, Senegal, Madagascar e Repubblica Democratica del Congo dove costruisce, ripristina e coordina centri intensivi di lotta contro la malnutrizione infantile severa e cronica, per il trattamento del disequilibrio ponderale nei bambini. Realizza interventi sanitari attraverso la propria unità medico-scientifica inviando equipe mediche specializzate. Attua programmi di sicurezza alimentare operando in partnership con importanti istituzioni internazionali, sostiene le famiglie in progetti di sviluppo agricolo e allevamento per prevenire le ricadute ed emergere dalla fame e dalla povertà.

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[IN]EDITO (racconti/e-book): a cura di Marino Magliani, SCRITTURE DAL FAR WEST DI PONENTE: MAGLIANI, SEBORGA, LANTERI, MURATORE

[IN]EDITO (racconti/e-book)

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pdfA cura di Marino Magliani, Scritture dal far west di ponente: Magliani, Seborga, Lanteri, Muratore. (pdf) [Racconti inediti]

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Il mio Far West di Marino Magliani

Il ricordo più antico che ho dell’estremo ponente ligure appartiene a una specie di far west. Vedo il lungo corridoio della stazione di Ventimiglia, quello al fondo del quale si “passa” in Francia, attraverso una porta custodita dai frontalieri. Sono lì, in braccio a mia madre, sulle panche, in attesa di un treno proveniente dalla Francia, perché mio padre lavora in uno stabilimento balneare di Sainte-Maxim o Saint-Raphaël.

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STORIA CONTEMPORANEA n.64: Ma che importa chi è l’autore… quello che conta è il corpo del reato. Aa. Vv. “Il magazzino delle alghe”

Ma che importa chi è l’autore… quello che conta è il corpo del reato. Aa. Vv. Il magazzino delle alghe, a cura di Marino Magliani, Broni (PV), Eumeswil, 2010

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di Giuseppe Panella*

Sono passati molti anni dal tempo in cui Roland Barthes proclamava la “morte dell’autore”(era il 1968) e Michel Foucault la confermava in un suo celebre saggio destinato a trasformare la funzione-autore nella letteratura e nella cultura umanistica in una sorta di terminale fin de non recevoir (Che cos’ è un autore?, una conferenza pronunciata nel 1969).

L’abolizione del nome dell’Autore e la sua trasformazione in una pura funzione dell’opera da lui prodotta è stata di seguito tentata più volte anche in Italia (l’ampia produzione del collettivo dei Wu Ming, già autodefinitosi Luther Blisset in un loro avatar precedente, ne è una dimostrazione evidente e significativa). Ma, nonostante il precedente dei Wu Ming, qui si è in presenza di qualcos’altro. Che cosa accomuna, infatti, venti autori completamente diversi gli uni dagli altri come Giovanni Agnoloni, Franco Arminio, Mauro Baldrati, Remo Bassini, Mario Bianco, Valter Binaghi, Fabrizio Centofanti, Riccardo De Gennaro, Marco Drago, Riccardo Terrazzi, Francesco Forlani, Carlo Grande, Franz Krauspenhaar, Marino Magliani, Giulio Mozzi, Stefania Nardini, Alberto Pezzini, Giacomo Sartori, Beppe Sebaste, Giorgio Vasta?

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STORIA CONTEMPORANEA n.50: Una tranquilla serie di storie di morte. Marino Magliani – Vincenzo Pardini, “Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)

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di Giuseppe Panella

Una tranquilla serie di storie di morte. Marino Magliani – Vincenzo Pardini, Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo, con una postfazione di Arnaldo Colasanti, Massa, Transeuropa, 2010

Quattro racconti non fanno forse un romanzo intero. Ma le quattro storie raccontate da Vincenzo Pardini e Marino Magliani costruiscono un mondo – feroce accanito spietato straziato e quotidiano. Storie di tutti i giorni queste narrate da due scrittori apparentemente molto diversi (puntato sul rigo e sulla pagina Pardini, preoccupato di non soffermarcisi troppo e voglioso di andare oltre, verso un altro e più nuovo destino, invece, Magliani) che si scoprono nello stesso libro molto simili e accomunati da una visione disincantata e terribile della vita degli uomini.

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“Scrittori dell’eccesso: Pardini e Magliani”. Postfazione di Arnaldo Colasanti a “Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo”

 

[Per gentile concessione dell’autore Colasanti e dell’editore, pubblichiamo  la postfazione al volume  Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo di Marino Magliani e Vincenzo Pardini, Transeuropa,  2010 (f.s) ] 

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 di Arnaldo Colasanti

1. Sarà forse eccessivo dire che la letteratura nella sua profondità parla solo di vita e di morte, ma è un fatto che Vincenzo Pardini e Marino Magliani siano scrittori dell’eccesso. La storia di Fidelco Meroli Gregotti è una preghiera detta davanti a un lume di ceri rossi, è il rosario recitato di pomeriggio quando a casa non c’è più nessuno. In queste pagine, tuttavia, non c’è chiesa, né una nicchia dove inginocchiarsi. La voce è quella sottile e rasente dei fantasmi.

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STORIA CONTEMPORANEA n.11: Nella terra delle storie del passato. “La ballata della piccola piazza” di Elio Lanteri

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P)

Elio Lanteri- La ballata della piccola piazza

 di Giuseppe Panella

11. Nella terra delle storie del passato. Elio Lanteri, La ballata della piccola piazza, con una Prefazione di Marino Magliani, Massa, Transeuropa Edizioni, 2009

 

Della “piccola piazza” del titolo l’autore rende ragione nell’esergo del libro. Si tratta di un verso di Federico Garcia Lorca (di cui Lanteri è grande estimatore) che si intitola, appunto, Balada de la placeta (è del 1919) e che recita così:

 

«Perché ti allontani / dalla piccola piazza ?… / Ed io andrò molto lontano, / oltre i monti, vicino alle stelle, / con il mio cuore antico di bambino, / maturo di leggende, / con il berretto di piume / e la sciabola di legno» (p. 9).

 

Leggendo questi versi splendidi del poeta andaluso, si intuiscono molte delle ragioni che hanno spinto l’ormai anziano scrittore (è nato a Dolceacqua di Imperia nel 1929 e questo è il suo primo testo narrativo) a tentare la carta dello scarto linguistico e della creazione di atmosfere fantastiche ricreate con sguardo onirico e attenzione ai particolari più remoti. La scena è, ovviamente, in Liguria e il racconto parte all’alba del 9 settembre 1943, quando con l’uscita dell’Italia dalla guerra la situazione del Paese, soprattutto al Nord, trasforma gli italiani agli occhi dei gog (così vengono definiti i tedeschi quasi sicuramente dalla leggenda di Gog e Magog) da alleati poco affidabili in nemici potenziali.

Continua a leggere “STORIA CONTEMPORANEA n.11: Nella terra delle storie del passato. “La ballata della piccola piazza” di Elio Lanteri”

STORIA CONTEMPORANEA n.8:Dall’Olanda con amore. “La Tana degli Alberibelli” di Marino Magliani

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei.  (G.P.)

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di GiuseppePanella

 

8. Dall’Olanda con amore. Marino Magliani, La Tana degli Alberibelli, Milano, Longanesi, 2009

 

 

«La prima fucilata rade / la fiorita di rosmarini e scope. / Il tempo di caccia in questi luoghi alti sul mare / lacera il sonno antico, storna il guardiano di rovine, / falcia da un anno all’altro il branco. //

Abituati a una vita meno piena / e manchevole di calore e luce, / mi dico, tieni a bada l’amarezza. // Resisti, reggi il filo ancora teso / tra grado e grado della febbre eterna, / sorridi, porta a compimento l’opera. // Mentre colpo su colpo / la pendola degli anni / scandisce il tempo d’un addio, // mentre il volo ad ali ferme del nibbio / si tiene alto, mentre il cane punta / e l’uccello snidato s’alza a volo / e fila contro il tiro d’imbracciata, // mentre l’uomo teme, / mentre va incontro al suo male / e si dibatte tra viltà ed ardire »

(Mario Luzi, “Spari” in Dal fondo delle campagne, 1969)

 

1.

Un giovane olandese che reca il romantico nome di Jan Martin Van der Linden viene in Italia a ritrovare i luoghi della sua infanzia e a compiere una difficile missione. E’ a metà strada tra un archeologo avventuroso alla Indiana Jones e l’agente infiltrato di un romanzo dedicato alla corruzione politica o alla repressione dell’insider trading. Soprattutto è inquieto e incerto sul proprio destino. Il suo agente di collegamento che portava il fatidico (e volterriano) nome di battaglia di Pangloss (uno che avrebbe dovuto sapere tutto, dunque) è stato trovato ucciso poco lontano dal porto di mare dove aveva dato sue notizie l’ultima volta. In una Liguria dai nomi di fantasia (Santaleula, Oriana e poi frazioni, piccoli borghi, località sconosciute ai più e difficili da trovare sulle mappe più precise) ma dai paesaggi intensi e intriganti nella realtà concreta, si svolge una lunga e affannosa caccia alla verità. Jan Martin ama quei luoghi:

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LA TANA DEGLI ALBERIBELLI di Marino Magliani. Recensione di Francesco Sasso

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di Francesco Sasso

Questo La Tana degli Alberibelli (Longanesi, Milano 2009), che esce proprio oggi in libreria, è il sesto romanzo di Marino Magliani.

 

Vi si narra delle indagini di un giovane olandese, Jan Martin, inviato da un’agenzia europea antifrode in Italia. Siamo in Liguria, nelle terre di Ponente. A Bruxelles si sospetta che i fondi europei per costruire un porto turistico, il più grande del Mediterraneo, siano stati dirottati altrove.

 

La storia s’apre con la misteriosa morte di un’agente, collaboratore di Jan Martin. A Bruxelles chiedono del tempo per valutare e decidere se proseguire con l’indagine oppure mollare la presa. Nel mentre, invitano Martin a proseguire con il suo lavoro di copertura. Ufficialmente egli è in Italia per conto di una emittente televisiva olandese, alla ricerca di un oggetto abbandonato in una grotta carsica da due disertori della battaglia di Marengo.

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MARIO BENEDETTI. Nueve Poesías de “Humana Gloria” (2004). Traducción de JOSÉ DANIEL HENAO GRISALES

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Sarò breve. Come annunciai tre mesi fa su queste pagine, la traduzione è un punto di passaggio necessario per impossessarsi della letteratura straniera. Ciò vale soprattutto oggi, nell’epoca di internet. Ci pareva quindi di dover dedicare una sezione di Retroguardia 2.0 alla traduzione e diffusione in internet della letteratura contemporanea italiana. Chi desidera collaborare con noi può scriverci.

 

Al momento, con l’aiuto di JOSÉ DANIEL HENAO GRISALES – traduttore colombiano – e con il sostegno degli scrittori e traduttori Marino Magliani e Roberto Rossi Testa, andremo a tradurre in spagnolo, una delle lingue più diffuse al mondo, frammenti d’opere letterarie italiane.

 

umana-gloriaIl primo fascicolo è dedicato a Mario Benedetti, a nostro avviso uno dei maggiori poeti contemporanei. Le nove liriche da noi tradotte sono state estratte da Umana gloria.

 

A José Daniel Henao Grisales per la traduzione, a Marino Magliani per la revisione della traduzione, a Giuseppe Panella per il contributo critico e al poeta Mario Benedetti per aver gentilmente concesso la pubblicazione dei testi su Retroguardia 2.0, il mio personale grazie.

f.s.

 

pdf-ico [PDF di MARIO BENEDETTI, Nueve Poesías de “Humana Gloria” (2004) ]

 

 

 

Traducción de JOSÉ DANIEL HENAO GRISALES

 Textos Seleccionados de Francesco Sasso

 Revisión de la traducción de Marino Magliani

 Título Original  Umana gloria

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