[RASSEGNA STAMPA SU GUIDO MORSELLI, a cura di Francesco Sasso]
di Linda Terziroli
In una stradina secondaria, una via chiusa, non lontano dall’imbocco dell’Autostrada dei Laghi, un uomo e una donna si baciano, appassionatamente, a bordo di una macchina. Il gioco dell’amore si fa intenso e i due non si accorgono di essere osservati. O forse sì. La macchina ha le tendine, ma si intravede, si intuisce comunque la scena da fuori. Il gioco delle ombre. Dalle finestre di una villa affacciata su quella stradina, due bambine guardano, curiose e incollate alle finestre della loro cameretta al piano di sopra, ridono ammiccanti e divertite. Hanno scostato la tenda, per guardare meglio. Si vede che lo spettacolo si è già ripetuto, sotto ai loro occhi bambini, in altri giorni. Si sono messe d’accordo con la cameriera, che, per farle divertire, le chiama sempre. Lui è un bell’uomo, la camicia sbottonata sul davanti, lo sguardo impertinente e fiero, ha quasi trent’anni. Lei, più giovane, mora e dalle morbide curve, è una bella ragazza, dai tratti mediterranei. Incuriosita, la madre delle due bambine, sale a cercarle e le sente ridere e scherzare alla finestra, dietro le tende chiare. Per loro è un gioco. Ma visto che la faccenda si prolunga, la madre, con fare deciso, apre, rumorosamente, la finestra e si rivolge a quell’uomo: «Scusi, non sa che nelle case ci sono le finestre?». Quell’uomo, apparentemente, in nessun modo toccato dal rimprovero, ribatte con insolenza. La madre delle bimbe allora risponde piuttosto seccata: «La compatisco perché è un ragazzo». «Non potrei dire altrettanto di lei» le risponde, divertito, l’uomo. È il 1942 e Maria Bruna Bassi ricorda così il primo incontro-scontro con Guido Morselli. «Non potei fare a meno di ammirare la prontezza di spirito, anche se non ne fui lusingata. Non sapevo che fosse un Morselli. Non l’avevo visto mai. O era militare o in casa, durante le nostre visite, non si mostrava e non le ricambiava». In Un dramma borghese, romanzo dei primi anni Sessanta, Teresa e il padre della sua amica Mimmina, io narrante del romanzo, per una stradetta laterale, vicino a Melide sul lago di Lugano, in pieno giorno, fanno all’amore. È una scena dipinta con molta delicatezza, l’atteggiamento timido e collegiale della ragazza, la ruvidezza dei modi del giornalista, un uomo maturo. «Mi afferra a mezza persona, mi preme contro il suo viso con una abbandonata dolcezza così confidente e felice che io per un attimo penso: ma è amore!, e resisto per un attimo a una felicità che coglie anche me, avventizia, irresponsabile». Ma poi il pensiero corre, nell’uomo, non senza rimpianti, alla sua amata Hilde, la moglie morta, in un incidente, la madre di sua figlia, Mimmina.
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