Fresco di stampa: Stefano Lanuzza, CÉLINE PAS FASCISTE (2023)

Stefano Lanuzza, CÉLINE PAS FASCISTE (Le strade bianche di StampAlternativa, 2023)

Qui la scheda e il pdf del libro


INDICE

UN DIBATTITO
Il medico e lo scrittore 5
Metamorfosi céliniane 35
Paranoia della Storia 59
Lingua e stile di Céline 90
L’understatement e il dolore 117
Congeniale Céline 129
IL VERO CÉLINE 137


Fresco di stampa. Una finestra spalancata sul mondo dei libri.

Consigli di lettura di Francesco Sasso: i libri freschi di stampa che non ho ancora letto, ma a naso sono interessanti. Estratti integrali, anticipazioni sulle novità editoriali e sugli autori. Una guida per scegliere i “vostri” libri a colpo sicuro.

“Scrittori zingari”. Saggio di Stefano Lanuzza (da “Senza meta. Biblioteca degli erranti”)

[E’ uscito da poco per Arsenio Edizioni, Senza meta. Biblioteca degli erranti di Stefano Lanuzza. Il volume comprende una serie di saggi letterari “come un unico libro cresciuto su sé stesso e fatto di scritture itineranti”. Proponiamo il saggio Scrittori zingari, con in coda la Premessa essenziale e il Sommario (f.s.)]

Stefano Lanuzza, Senza meta. Biblioteca degli erranti, Arsenio Edizioni, 2022, pp.322, € 25,00


Clip del libro su RetroguardiaTV

Scarica il saggio in formato pdf

di Stefano Lanuzza

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Lungamente privi d’una tradizione culturale scritta, solo dal Novecento – riferisce Santino Spinelli – molti autori delle comunità zingare, costretti a prescindere da parlate rom risonanti di interferenze indiane persiane armene greche o panslave, presentano le loro opere preferibilmente nelle lingue dei Paesi in cui vivono.

Nel 1925 nasce in Unione Sovietica un gruppo di letterati rom riuniti intorno alla rivista “Nevo Drom” (“Nuovo cammino”). Nel 1931, s’inaugura la fondazione a Mosca di un “Teatro Romen” che ospita opere di Alexandre Viećeslavović Germano (1893-1956). Vi s’accodano, con scritti dedicati al folklore orale e musicale gitano, con poesie traduzioni copioni teatrali, gli scrittori Ivan Rom-Lebedev, Ivan Khrustaljov, Ivan Pantchenko; e Ivan Romano, autore di Addio mio campo (1968), la romní kalderaś Olga Demeter-Tcharskaya (Destino di una romní, 1997), il rom calderaś Oleg Petrovic (I Baroni Saporroni, 2007), il saggista e poeta Georgij Tsvetkov autore, tra l’altro, del volume Rom, origini e cultura (2009) e dello studio linguistico-grammaticale Comunicazione interculturale russo-romaní (2009).

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Il wu wei della poesia contro le guerre n.40: Stefano Lanuzza, “Stupor mundi”. Lettura di Fabiola Filardo

Il wu wei della poesia contro le guerre a cura di Antonino Contiliano e Fabiola Filardo.

Stefano Lanuzza, “Stupor mundi”. Lettura di Fabiola Filardo


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Stefano Lanuzza, “Senza meta. Biblioteca degli erranti”

Stefano Lanuzza, Senza meta. Biblioteca degli erranti, Arsenio Edizioni, 2022, pp.322, € 25,00


di Ernestina Pellegrini (Università di Firenze), “Antologia Vieusseux”

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Clip del libro su RetroguardiaTV

La bibliografia delle opere di Stefano Lanuzza (critico militante, saggista, poeta, artista figurativo) è imponente, e si farebbe fatica a farne un regesto completo, a cominciare da Alberto Savinio (1979) a Senza Storia. ‘900 e contemporanei della letteratura italiana (2021) e fino al recente Senza meta. Biblioteca degli erranti (Arsenio Edizioni, 2022, pp.322, € 25,00) – solo per stabilire dei limiti, ricordando il primo testo con cui l’ho conosciuto e l’ultimo che ho letto integralmente; anche se mi sono arrivati sul tavolo, negli ultimi mesi, altri suoi libri molto interessanti: Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal (2022), che è una rilettura attenta ed empatica del capolavoro del romanziere francese di cui Sciascia disse “Non è mai stato anziano, né mai lo saranno i suoi lettori”.

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Stefano Lanuzza, “Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal”

Stefano Lanuzza, Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal, Jouvence, 2022, pp.141, €12,00


di Francesco Sasso

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Una tragica giovinezza. Il Rosso e il Nero di Stendhal di Stefano Lanuzza è un saggio a forma di romanzo sulla vita di Henri Beyle/Stendhal. Un’unica esistenza, due anime contrapposte.

Lanuzza ci racconta con finezza e puntualità come Henri Beyle, noto sotto lo pseudonimo di Stendhal (1783-1842), fu dotato di uno spirito di osservazione acutissimo: egli seppe scrutare gli uomini ed il suo realismo è di carattere psicologico. Lo scopo di Stendhal fu di svelare e notare i segreti motivi delle nostre azioni, afferrandone le minime sfumature con sicurezza. Stessa operazione compiuta da Lanuzza in questo saggio su Stendhal/Henri Beyle.

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Stefano Lanuzza, “‘900 out. Scrittori italiani irregolari” e “Senza storia. ‘900 e contemporanei della Letteratura italiana”

Stefano Lanuzza, ‘900 out. Scrittori italiani irregolari, Fermenti editrice, 2017, pp.294, € 24,00

Stefano Lanuzza, Senza storia. ‘900 e contemporanei della Letteratura italiana, Oèdipus edizioni, 2021, pp.288, €17,50


di Francesco Sasso

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Stefano Lanuzza in questi ultimi anni ha pubblicato una corposa e chiara cartografia della letteratura italiana del Novecento: ‘900 out. Scrittori italiani irregolari (Fermenti editrice) e Senza storia. ‘900 e contemporanei della Letteratura italiana (Oèdipus edizioni).

Non è facile scrivere una storia della letteratura italiana del Novecento: c’è dietro la grande tradizione storiografica e una concezione alta dell’opera d’arte. Inoltre, la letteratura non è semplice linguaggio oppure insieme di opere stampate, pubblicate e diffuse; recepite come tali, prima di tutto, proprio in quanto scritte. È persino ovvio dire che un’opera non assume a dignità letteraria dal semplice fatto di essere scritta e pubblicata. Un’opera letteraria deve essere letta e riletta. E qui si spalanca una voragine: il problema della ricezione delle opere letterarie e di come il pubblico sia condizionato e influenzato da alcuni stereotipi del sistema culturale a individuare e accettare come capolavori determinate opere e scartarne altre, non corrispondenti alle attese, ai gusti e ai valori della comunità leggente.

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A proposito de “L’ultima poesia” di Gilda Policastro

A proposito de “Lultima poesia” di Gilda Policastro

la poesia insieme generico e libere scelte

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di Antonino Contiliano

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I rapidi mutamenti che caratterizzano lo spazio-tempo del nuovo millennio pongono sempre una domanda assillante: è l’ultimo, il definitivo? Non sembra che ci possa essere però una risposta determinata e ultima. L’instabilità è di casa. La parola fine è incompatibile con le aperture e le fratture che, inevitabilmente e contingentemente, il tempo e la storia portano con sé. Non c’è ambito storico della vita e del sapere scientifico e letterario (per stare dentro a una classica dicotomia) che non ne sia attraversato. Così Gilda Policastro (L’ultima poesia. Scritture anomale e mutazioni di genere dal secondo novecento ad oggi, Mimesis, Milano, 2021) scrive che le mutazioni poetiche sono posizioni continue e anomale molteplicità linguistico-semiotiche (“scritture anomale”). Un insieme eteronomo non standardizzabile. Del resto l’anomalo, come ricordato da Gilles Deleuze e Felix Guattari (Mille piani-Capitalismo e schizofrenia), non è l’“a-normale”. Questo è definibile in rapporto alla presenza di una regola specifica o generica. L’anomalo (aggettivo) è legato invece all’anomalia quale sostantivo. Un sostantivo che designa «l’ineguale, il ruvido, l’asperità, la punta di deterritorializzazione. […] una posizione o un insieme di posizioni in rapporto a una molteplicità, dove l’anomalo, all’interno di una muta (molteplicità), situa così (corsivo nostro) le posizioni dell’individuo eccezionale. È sempre con l’anomalo, Moby Dick o Giuseppina, che si fa alleanza per divenire-animale»1. Nel caso, l’insieme delle “scritture anomale” (i testi delVentiVenti” del XXI secolo) di cui all’Ultima poesia del libro di Gilda Policastro. Un insieme che non pone fine alla sperimentazione e alla ricerca poetica ma ne segnala, appunto, la continuazione che di volta in volta, usando gli stimoli dei nuovi linguaggi, ne dice il nome, le emergenze, gli elementi e i limiti che ne indicano la definizione come indice di riconoscimento determinato all’interno della molteplicità delle forme emerse finora. In tal senso, a mo’ di elenco, prelevando dall’appendice («Glossario ragionato delle procedure sperimentali (1960-2020)», ne riportiamo i nomi:

Asemic writing, Cut-up, Easdropping, Flarf, Foud poetry, Googlismi, Language poetry, Loose writing, New Sentence, Prosa in prosa, Scrittura concettuale, Source code poetry, Spoken Word, Sought poem.

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Per labirinti e sentieri dei Boschi dell’Essere. Stefano Lanuzza, “Bosco dell’essere”

Stefano Lanuzza, Bosco dell’essere, pref. di G. Tesio, nota di G. Poli, Fermenti Editrice, Milano 2021, pp. 70, €. 12.00

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di Ugo Piscopo

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Per labirinti e sentieri dei Boschi dell’Essere

Un’intrigante raccolta di poesie di Stefano Lanuzza

Stefano Lanuzza è sulla scena della cultura italiana dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso un autore dalle incantevoli risorse euristiche (in prosa, in poesia, in arte, in animazioni di dibattiti mai scontati e ogni volta propositivi di ulteriori svolgimenti). Di origini siciliane, vive a Firenze e guarda al mondo come una realtà in dinamico flusso di accadimenti e di vicende dettati da forze primigenie pronte a rimescolare il tutto e a ridisegnarlo daccapo come teatro di fenomenologie molteplici e in ininterrotta evenemenzialità, anche di marca nichilistica.

Per lui il tempo è un continente ignoto, sfuggente, dalle accensioni e dai sorrisi di perfetta canaglia, ma anche di irresistibile attrazione. Soprattutto, è un declinarsi perpetuo di spiegazioni molteplici della selvosità dell’essere, che chiede a tutti e a tutto di assorbire consenzienti il suo crudele mistero, che si fa ogni volta una risata delle obiezioni e delle riserve degli individui, che osano pretendere di disegnare loro l’andamento delle vicende in svolgimento, narrate spesso con immagini di copertura.

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Personale d’Arte figurativa di Stefano Lanuzza: 28 ottobre – 28 novembre 2020

28 ottobre – 28 novembre 2020

Personale d’Arte figurativa di Stefano Lanuzza

Galleria “La Cornice” – Lugano Via Giacometti 1, Lugano

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di Vincenzo Guarracino

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L’occhio abbagliato del tempo

Tra immagini e versi

È come un bosco strano, “senza sentieri” e senza indicazioni, pieno di anfratti e di misteri, una sorta di hypnerotomachia, di “battaglia d’amore nel sogno”, quello in cui ci immette Stefano Lanuzza (in arte, talora, Laínez = Lanuzza: dallo spagnolo Diego Laínez, successore del Loyola, 1512-1565. Cfr. Carlo Battisti – Giovanni Alessio, Dizionario etimologico italiano. III, G. Barbèra, Firenze, 1968).

È, quello dell’artista, un viatico nell’atto di inoltrarsi nell’intrico sintattico di un “diario crittografico” e pittorico se non l’avvertimento che qui “scorrono le Furie”, come scriveva venti anni fa lo stesso autore nella sua raccolta di poesie Bosco dell’essere (2000). Perciò non giova attrezzarsi di nient’altro se non della disponibilità a ritrovarsi e viversi in una storia altra di ordinaria “crudeltà”: in un bosco di scorie e “oscure bestie”, di “marcente verde” e di “rovi e fratte scoppiate”, in cui “l’umore dell’anima deserta” esala in soffi d’inquietudine, in deliri e orrori, in tremori e deliqui…

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Personale d’Arte figurativa di Stefano Lanuzza: 28 ottobre – 28 novembre 2020

28 ottobre – 28 novembre 2020

Personale d’Arte figurativa di Stefano Lanuzza

Galleria “La Cornice” – Lugano Via Giacometti 1, Lugano

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di Aline Cheveux

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Pitture dell’Europa

Stefano Lanuzza lo si potrebbe già da molto incontrare in un ideale Museo dell’Arte europea contemporanea, tra i suoi pari. Non in provincia, ma piuttosto a Praga o a Parigi, oppure ad Amsterdam. Un po’meno a New York, dove, se non ci si slogano le braccia su tele immense, ciclopici astratti nemmeno attraversati da una tentazione di disegno, non si è moderni: non si è. […]

Interminabile sogno, quello dell’autore. Ci si perde l’Europa… C’è dentro di tutto: una cultura immensa, una grotta di echi e analogie. C’è l’intero Novecento che ha sbranato la natura e la storia per preparare, vestito da amico dei popoli, l’Apocalisse; c’è tutto il Millennio e più ancora, i millenni di scrittura e di racconti: perché i quadri di questo artista dell’Europa sono anche parole… Ci sono la Bibbia e gli Gnostici, la Kabbala con le sue dieci Stazioni di posta; e ci sono i Tarocchi che nacquero al primo suddividersi della Creazione, le religioni e molti sistemi mitologici, le fiabe che ne sono discese, giù giù fino a questa nostra gabbata incoscienza. C’è la letteratura: Ariosto, Shakespeare e Dante, Leopardi, Ibsen e Verga, Musil, Kafka e Nabokov, Céline, Beckett, Gadda e Dostojevskji. Ci sono i presocratici e la caverna platonica, i latini tra Ovidio e Lucrezio. Con una sottilissima musica inquieta. Ecco, in silenzi da sotterraneo, apparire le immagini di Mussorgskji, i chiaroscuri di Mahler, la nostalgia di Beethoven. Come non riconoscerli? Eppure nessuno dei giganti che affiorano in questo Museo dell’Europa ha un diritto seppur minimo di dichiararsi ispiratore o maestro. L’opera esposta è così inconfondibile da poterla controfirmare solo con un’impronta digitale. È un’epopea nella quale potrebbe specchiarsi la storia psichica dell’Europa, continente come crogiolo del mondo.

Personale d’Arte figurativa di Stefano Lanuzza: 28 ottobre – 28 novembre 2020

28 ottobre – 28 novembre 2020

Personale d’Arte figurativa di Stefano Lanuzza

Galleria “La Cornice” – Lugano Via Giacometti 1, Lugano

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di Mario Lunetta

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Tra pittura e letteratura

Molta parte dell’opera pittorica di Stefano Lanuzza è stata esposta nel 1999 presso il Museo d’Arte Moderna Gazoldo degli Ippoliti di Mantova con titolo, sguincio e allusivo, di L’arte della notte. Oltre che artista figurativo, l’autore è poeta di gran tempra, narratore e critico di straordinaria sagacia; e coltiva nel suo ricco immaginario più di un côté notturno, noir e sulfureo.

Della sua pittura d’insolita risonanza, avventurosa e impacificata, cresciuta nello sradicamento del senso e nell’ictus d’una frattura fondamentale della coscienza, ha scritto il poeta Alberto Cappi: “Da fondali di città o piazze straniate, da atmosfere liberty, da icone di uccelli rapaci, da terrifici sembianti, da nudi metamorfici, passando per tracce mitologiche, per echi letterari, per voci plastiche o figurative, il gesto dell’artista diviene febbricitante animando le posture come il guizzo cromatico. Gli sono vicino a volte il furor di Grünewald, oltre l’immaginario nero di Goya, ma ancor più una danza quasi ieratica, egizia ed etrusca, il cui coreografo corrisponde al nome di Savinio” (cfr. L’arte della notte. L’opera figurativa di Stefano Lanuzza. 16 maggio-6 giugno 1999 / Mantova, Museo d’Arte Moderna Gazoldo degli Ippoliti).

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Stefano Lanuzza, “Scrittore contro. L’opera di Leonardo Sciascia”

Stefano Lanuzza, Scrittore contro. L’opera di Leonardo Sciascia, Jouvence, 2020, pp.147, € 14,00

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di Francesco Sasso

Non pochi critici hanno analizzato l’opera di Leonardo Sciascia con alterne vicende, ma un buon punto di partenza è senza dubbio Scrittore contro. L’opera di Leonardo Sciascia di Stefano Lanuzza, saggio pubblicato pochi mesi fa presso l’editore Jouvence. Uno studio completo, come quello di Stefano Lanuzza, richiede perspicue doti di analisi storico-culturale. L’autore del saggio analizza l’intera opera dello scrittore siciliano, sia narrativa che saggistica, e coglie, a mio parere bene, gli aspetti di più concreto spessore socio-politico dello scrittore siciliano. Lanuzza ci mostra come Sciascia oscilla fra un dolente scetticismo di remota ascendenza isolana e una sorta di fiducia illuministica nei poteri della ragione, ci segnala come l’opera sciasciana può nell’insieme leggersi come un monumento sulla sconfitta della ragione, ovvero un lungo racconto dell’impari – e perciò fatalmente perdente – lotta che la coscienza intellettuale impegna a difesa del suo mandato etico-civile contro il potere (legale ed illegale).

Il senso di questa estrema sfida è bene analizzato da Stefano Lanuzza in modo puntuale e attraverso una scrittura asciutta e lineare.

f.s.

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Stefano Lanuzza, “Caos e bosco”

Stefano Lanuzza, Caos e bosco, Oèdipus, 2020, pp.199 €16,00

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di Francesco Sasso

Durante la lettura di Caos e bosco di Stefano Lanuzza, pensavo “ bisogna sì rifare la società degli uomini, ma la società che s’andrà organizzando dovrà apparire come il colmo del disordine”. Il libro di Stefano Lanuzza è un ibrido, un collage di titoli giornalistici, appunti di un moralista, aforismi, saggi brevi. Al centro il caos e il bosco (metafora della vita).

L’autore sembra volerci segnalare che, quando un’epoca s’avvia alla consunzione, appaiono segni di stanchezza e di smarrimento; ma dopo, qualcosa si modifica, ciò che prima era parso inevitabile malanno, poi sembrerà un beneficio comune.

Stefano Lanuzza in questo libro afferma il primato del cuore sulla ragione, dell’intuizione sul pensiero puro, tenendosi ben lontano dalla corrosione d’ogni idealità. Le illuminazioni dell’autore, a volte, diventano risate malinconiche, a volte irriverenti. Dal saggio sul pittore e la pittura, si passa alla riflessione letteraria; dall’altezza superba del fatto noi scendiamo fino al frammentarismo moraleggiante dell’assioma, del detto, del proverbio, dell’aneddoto, dello scherzo. Vi è in tutto ciò l’amarezza di un’età, la nostra, che bisogna tener presente durante la lettura di Caos e bosco per non perdere il senso delle proporzioni.

L’autore raggiunge un così elegante equilibrio tra pessimismo ed ironia, desolazione e speranza, stile e secchezza d’immagine, da apparire antico. I pensieri e le riflessioni di Stefano Lanuzza si leggono più che volentieri e, tra le sue righe, scoviamo le radici dei molti malesseri contemporanei.

Detto questo, non c’è molto da aggiungere, se è vero che al lettore intelligente ogni scrittore sa ben presentarsi da solo.

f.s.

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Stefano Lanuzza, “Argotier”

Stefano Lanuzza, Argotier. Louis-Ferdinand Céline, l’argot, il Novecento, Milano, Jouvence, 2018, pp. 86, € 9,00

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di Marco Fagioli

Argotier: un saggio di letteratura comparata che ha come spunto emblematico il Louis-Ferdinand Céline innovatore ‘argotico’ del linguaggio letterario posto a confronto con altri autori e con le vicende storiche novecentesche riflesse nel nostro tempo. Céline non è quel tipo di romanziere che narrando dimentica se stesso. Piuttosto, valorizzando in funzione stilistica le possibilità espressive del linguaggio, i neologismi e gli argotismi, le assonanze o gli echi prodotti dalle parole, egli vuole attirare i lettori dentro la propria soggettività delimitatrice dell’orizzonte d’un reale che lo stesso autore – velleitario ideologo e imperfetto politico, moralista paradossale, filosofo anomalo e mistico ateo, ma, alla fine, scrittore inarrivabile – non affabula bensì “presenta” a tutto tondo.

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Argotier. Louis-Ferdinand Céline, l’argot, il Novecento (Milano, Jouvence, 2018, pp. 86, € 9,00) di Stefano Lanuzza è un piccolo libro, ma è destinato a occupare un posto di rilievo nella più estesa bibliografia critica céliniana degli ultimi anni. All’autore si devono anche altri libri sul grande scrittore francese (Maledetto Céline, 2010; Céline della libertà, 2015; Louis-Ferdinand Céline. La parola irregolare, 2015; Céline testimone dell’Europa, 2016), oltre alla curatela e alla traduzione nel 2013 del libro del 1938 di Hanns-Erich Kaminski Céline in camicia bruna.

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Critico militante solo a favore della letteratura. Saggio di Stefano Lanuzza

Critico militante solo a favore della letteratura

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di Stefano Lanuzza

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Geno Pampaloni (1918-2001)

Diversamente da un’affermazione di Pietro Citati secondo cui “Pampaloni non era un critico: ma uno scrittore che si nascondeva” (invero, è un po’ se stesso che Citati… cita), Pampaloni ha le qualità di scrittore pertinenti a un vero critico esperto del canone letterario. A raccoglierne i saggi più belli, “che sono molti, […] ci accorgeremmo” aggiunge Citati “che il romanzo scritto da Geno Pampaloni sulla letteratura italiana moderna rivaleggia con quelli di Pavese, di Bassani, di Cassola, di Calvino” (“Corriere della Sera”, 14 novembre 2011).

Mai dichiaratamente engagé, Pampaloni s’affranca dai moduli dello storicismo, del marxismo, della stilistica, del formalismo, dell’avanguardismo, dello strutturalismo, della semiologia, della filologia, della psicanalisi…; e, convinto della funzione soprattutto civile della critica, interpreta meglio dell’ideologizzante filoneorealista Carlo Salinari il decisivo libro di Alberto Asor Rosa Scrittori e popolo (1965) che giudica sfavorevolmente i provincialismi del populismo e ridimensiona il ruolo dell’impegno sociopolitico degli scrittori. Poiché – rivendica Asor Rosa – “il fatto estetico ha proprie leggi, non confondibili con quelle della politica”.

Libero critico per lettori liberi e possibilmente competenti, così rari nell’italico popolo di non troppo antica alfabetizzazione, Pampaloni scansa in linea di principio le ideologie che vorrebbero prescindere dal merito di un’opera e, pur senza derogare dal ruolo di cronista letterario “giornaliero”, sintetizza la propria nobile opinione della letteratura nel ritratto ‘a specchio’ di Pietro Pancrazi critico-scrittore (saggio pubblicato sul n. 4, aprile 1953, della rivista “Il Ponte” fondata nel 1945 da Piero Calamandrei) e nell’aureo Modelli ed esperienze della prosa contemporanea, incluso nel volume Il Novecento (1987) della Storia della letteratura italiana di Emilio Cecchi e Natalino Sapegno. 

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SUL TAMBURO n.77: Marco Fagioli – Stefano Lanuzza, “Marginalia intorno a Louis-Ferdinand Céline”

Marco Fagioli – Stefano Lanuzza, Marginalia intorno a Louis-Ferdinand Céline, Firenze, AION Edizioni, 2018

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di Giuseppe Panella*

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Non sono certo marginali i problemi, le connessioni e i rapporti intellettuali e letterari sollevati da Fagioli e Lanuzza a proposito dell’opera di Louis-Ferdinand Céline, soprattutto rispetto ai suoi scritti più controversi e combattuti come le Bagatelles pour une massacre o i romanzi “autobiografici” del grande scrittore francese. Così come non sono marginali gli interrogativi morali suscitati da questioni ancora scottanti come il “forsennato” antisemitismo di Céline o quelli estetici legati al suo rapporto con le altre arti (la pittura, il cinema, la musica, la canzone).

Céline è ancora tutto un continente letterario e storico da esplorare nonostante la gran quantità di inchiostro versato sulla sua vita e sulla sua opera e la grande battaglia critica e politica combattuta in suo nome. Forse per nessuno degli altri grandi scrittori del Novecento lo schieramento si è diviso in maniera così netta tra chi lo voleva relegato nell’enfer degli scrittori pericolosi e funesti, da evitare o da boicottare (si pensi alla severa quanto infondata condanna di Sartre che pure aveva attinto a piene mani dalla sua proposta letteraria e dal suo laboratorio stilistico) e chi, invece, tendeva a giustificare tutto di lui, ogni suo scritto compresi i pamphlet antisemiti più accesi, in nome della supremazia della scrittura e dello stile. Il fatto è che anche nel caso Céline, anche se ammetto che è molto difficile, bisogna distinguere tra le asprezze dell’uomo e le sue vicende personali e il risultato della sua proposta di scrittura e la sua rivoluzione stilistica.

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Stefano Lanuzza, “Il bosco, il mondo, il caos”

Stefano Lanuzza, Il bosco, il mondo, il caos, Stampa Alternativa, 2015, pp.91, € 10

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di Francesco Sasso
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Il bosco, il mondo, il caos di Stefano Lanuzza è strutturato come un zibaldone ed accoglie una vasta materia di pensieri, impressioni, notizie dal mondo, riflessioni letterarie. Il sottotitolo dell’opera è “come un romanzo”, ossia la narrazione dell’io si scioglie nella storia del mondo alla deriva del caos. Stefano Lanuzza formula in testi brevi e densi l’osservazione disincantata dei comportamenti umani. Forma cara ai “moralisti classici”, scrittura per frammenti “che si staccano come foglie vive dal grande album dell’esperienza” come ha scritto Giovanni Macchia.
Un inventario, quello di Lanuzza, alleggerito dall’ironia, mentre nella sezione “il bosco” troviamo impennate poetiche e suggestioni esistenziali.

f.s.

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[Leggi tutti gli articoli di Francesco Sasso pubblicati su RETROGUARDIA 2.0]

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SUL TAMBURO n.44: Marco Fagioli – Stefano Lanuzza, “Arletty, Sartre e Louis-Ferdinand Céline”

Marco Fagioli – Stefano Lanuzza, Arletty, Sartre e Louis-Ferdinand Céline, Firenze, AIÓN, 2016

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di Giuseppe Panella

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Céline-Destouches amava il cinema ma non solo per le sue qualità artistiche e attoriali: sperava di riuscire a guadagnarci una quantità considerevole di quattrini da lasciare alla moglie Lucette Almansor quando sarebbe scomparso dato che i diritti d’autore accumulati nel tempo non sarebbero bastati a questo scopo. Lo scrittore di Courbevoie credeva che dalle sue opere e dai suoi libretti per balletto sarebbe stato possibile ricavare dei soggetti cinematografici credibili e allettanti per registi e produttori. Questa si sarebbe rivelata una pia illusione: a tutt’oggi nessun film è stato realizzato a partire da sue opere letterarie o è stato basato sulle vicende avventurose e spesso rocambolesche della sua vita. Eppure le potenziali filmiche dei suoi romanzi erano ben chiare a Céline (il quale scrisse pure un trattamento mai realizzato dal suo grande romanzo Voyage à bout de la nuit, un testo che sottoposi all’interesse di Sergio Leone, grande ammiratore dello scrittore francese, assai propenso a realizzare un film ispirato a quest’opera ma troppo presto fermato dalla sua morte precoce).

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Quale Europa… Tra due eccellenti testimoni. L-F. Céline (di Stefano Lanuzza) e T. De Mauro

copertina-celine-lanuzzaQuale Europa… Tra due eccellenti testimoni. L-F. Céline (di Stefano Lanuzza) e T. De Mauro

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di Antonino Contiliano

Dopo il discorso sul divenire-Europa (1 Settembre 2016), svolto a proposito dell’Europa odierna da Tullio De Mauro – noto linguista italiano – nell’atrio del “Carmine” di Marsala in occasione della Cittadinanza onoraria conferitagli dall’attuale Amministrazione cittadina in carica, un altro discorso scritto (legato al luogo-tempo Europa) è presente in Città.

Il discorso altro sull’Europa è invece il Céline testimone dell’Europa di Stefano Lanuzza, scrittore, saggista, storico e critico letterario. Il libro, pubblicato per i tipi di «Prova d’Autore» (Catania, 2016), è qui opportuno ricordare che da settembre è presente negli scaffali della biblioteca comunale “Struppa” di Marsala. L’opera è stata donata all’istituzione bibliotecaria da chi scrive.

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Un romanzo-Kinoglaz, l’ultimo libro di Stefano Lanuzza

Stefano Lanuzza, Il bosco, il mondo, il caos- Come un romanzoUn romanzo-Kinoglaz, l’ultimo libro di Stefano Lanuzza

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di Antonino Contiliano

Uno spaccato impietoso ma per questo vero quanto produttivamente inquietante, il nuovo libro di Stefano Lanuzza, Il bosco, il mondo, il caos- Come un romanzo (Stampa Alternativa, 2016). La ribollente squadernata molteplicità qualitativa che è la vita – “la vita colta sul fatto” (Dziga Vertov) –, un’esplorazione espositiva dei fatti e un montaggio cinemico che, tra inquadrature testuali ora corte, brevi, medie o a campo lungo, si offre per percezioni non anestetizzate, quali quelle oggi offerte dal mercato dei nostri giorni globalizzati, dei desideri fabbricati e soddisfatti (diversamente ti rimborsano!).

Il bosco, il mondo, il caos- Come un romanzo: un’opera accuratamene frastagliata (salut!) che dissolve le simmetrie identificanti e gratificanti; un errare critico che rompe gli specchi e vortica fra cose, immagini, segni, parole, nomi, personaggi dell’arte, della letteratura, della filosofia e della scienza; fra ambienti e paesaggi della memoria, discorsi, aforismi, chiasmi diàforici (“La follia del desiderio? Un desiderio di follia”, p. 56), affermazioni e concatenamenti dell’et et, etc. Come un film che, mentre scandisce la vita e i modi dell’arte d’esistere, ne sottolinea l’inequivocabile e irriducibile apparire cristallizzato di singolarità temporalizzate e costitutive del mondo che abitiamo.

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“Il Portolano” e le riviste letterarie fiorentine del ‘900

riviste fiorentineIl Portolano” e le riviste letterarie fiorentine del ‘900

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di Stefano Lanuzza

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Chi se la ricorda la stagione novecentesca delle riviste letterarie fiorentine, quando Firenze era una capitale culturale non solo italiana?…

Ora, proveniente dal tardo-secondonovecento, c’è “Il Portolano” – rivista fondata nel 1995 da Francesco Gurrieri, Piergiovanni Permoli, Arnaldo Pini –, che dal 2016 supera il suo ventesimo anno di vita; e, come sancito dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, viene annoverata nella “Serie A” delle scienze filologico-letterarie, storico-filosofiche, ecc….

Ma, bando alle omologazioni, soprattutto importa, come scrive Gurrieri nel numero 80-81 di gennaio-giugno 2015, che “‘Il Portolano’ [sia] cresciuto [e sia] ormai apprezzato in ambito nazionale”, continuando “a svolgere il suo imperativo originario: la fedeltà alla letteratura” (fedeltà che vuole resistere a una tecnologia informatica che nei suoi effetti smaterializza la parola e la disperde nell’entropia del web che dilaga mettendo in crisi libri, giornali, riviste e tutto quanto sia cartaceo). Allora, quella del “Portolano”, è una fedeltà da intendere anche come ostinazione a esprimersi – a scrivere e a farsi leggere – sul supporto di carta e nella forma collaudata d’un periodico che raccoglie il testimone delle tante testate letterarie fiorentine del Novecento, a cominciare dalle primonovecentesche “Il Regno” (1903-1906), “Leonardo” (1903-1907), “Hérmes” (1904-1906): tre riviste caratterizzate dalla breve esistenza – oltre che da un nazionalismo antidemocratico, dall’influenza dannunziana, da una morale individualistica e da prospettive guerrafondaie.

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La passione della/per la parole di Stefano Lanuzza

Stefano Lanuzza, Céline della LibertàLanuzza Stefano, Céline della libertà. Vita, lingua e stile di un «maledetto» , 2015, Stampa Alternativa, € 14,00

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di Antonino Contiliano

Due particolari e recenti eventi editoriali richiamano il nome dello scrittore e critico Stefano Lanuzza. Sono l’Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, tradotto in lingua tedesca da Moshe Kahn (S. Fischer Verlag, Frankfurt, 2015), e ora, dello stesso Lanuzza, Céline della libertà. Vita, lingua e stile di un “maledetto” (Stampa Alternativa, Roma-Viterbo, 2015). Si tratta di due pubblicazioni che hanno al centro, pur diversamente connotato, un linguaggio letterario ‘eretico’ (per una letteratura non d’‘accatto’, ossia consumistica o di mercato): un linguaggio come passione della parole, come scelta fortemente trasgressiva.

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L’illuminismo libertino di Sade républicain

Donatien Alphonse François de Sade, Ancora uno sforzo… Rivoluzioni e profanazioni del gran maledetto, Nuovi Equilibri, 2012, pp.152, 13,00 € 

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di Antonino Contiliano

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L’editrice Stampa Alternativa, nella nuova collana “Fiabesca BenedettiMaledetti, curata dallo scrittore e critico Stefano Lanuzza, pubblica il suo primo volume (Français, encore un effort si vous voulez être républicains, Roma 2012, pp. 149, € 13,00). Di questo primo libro, dedicato al pensiero politico di Donatien Alphonse François de Sade – la penna della più “sfrenata immaginazione erotica” (p. 21); lo scrittore accusato (solo a causa dei suoi libri) di “empietà, oscenità e perversione” (p. 25) e proposto dallo zio abate per l’internamento in manicomio” (p. 20) perché segnalato come pazzo –, l’autore è anche lo stesso Lanuzza.
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IL TERZO SGUARDO n.16: Fenomenologia di un soggetto letterario. Jules-Amédée Barbey d’Aurevilly, “Il Gran Dandy. Il dandismo e George Brummell”

Fenomenologia di un soggetto letterario. Jules-Amédée Barbey d’Aurevilly, Il Gran Dandy. Il dandismo e George Brummell, trad. it. e cura di Stefano Lanuzza, Viterbo, Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri, 2010

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di Giuseppe Panella*

Il dandy è una figura eminentemente letteraria. Su questo, i suoi studiosi concordano da sempre. Il “vero” dandysmo è quello letterario – ammonisce Roger Kempf in un suo libro famoso (Dandies – Baudelaire e amici. Il culto della differenza nell’epoca dell’uniforme, trad. it. di R. Mainardi, Milano, Bompiani, 1980). La figura del dandy è la creazione di alcuni poeti e scrittori che si riconoscevano in un determinato modo di intendere la scrittura e la vita letteraria, primo fra tutti Charles Baudelaire. Eppure dandies autentici ce ne sono stati e sono stati loro a ispirare i letterati che si sono addossati il compito di campirne la fenomenologia letteraria. Il modello indubitabile di maestro di dandismo compete sicuramente a George Bryan Brummell, meglio conosciuto allora e adesso come il Beau Brummell, il bello per antonomasia.

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STORIA CONTEMPORANEA n.52: Stefano Lanuzza, “Maledetto Céline. Un manuale del caos”

Negli anni tra il 1896 e il 1901 (rispettivamente nel 1896, 1897, 1899 e 1901), Anatole France scrisse quattro brevi volumi narrativi (ma dal taglio saggistico e spesso erudito) che intitolò alla fine Storia contemporanea. In essi, attraverso delle scene di vita privata e pubblica del suo tempo, ricostruì in maniera straordinariamente efficace le vicende politiche, culturali, sociali, religiose e di costume del tempo suo. In particolare, i due ultimi romanzi del ciclo presentano riflessioni importanti e provocatorie su quello che si convenne, fin da subito, definire l’affaire Dreyfus. Intitolando Storia contemporanea questa mia breve serie a seguire di recensioni di romanzi contemporanei, vorrei avere l’ambizione di fare lo stesso percorso e di realizzare lo stesso obiettivo di Anatole France utilizzando, però, l’arma a me più adatta della critica letteraria e verificando la qualità della scrittura di alcuni testi narrativi che mi sembrano più significativi, alla fine, per ricomporre un quadro complessivo (anche se, per necessità di cose, mai esaustivo) del presente italiano attraverso le pagine dei suoi scrittori contemporanei. (G.P)

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di Giuseppe Panella

Stefano Lanuzza, Maledetto Céline. Un manuale del caos, Viterbo, Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri, 2010

In un ormai celebre (e forse per questo dimenticato) numero speciale de “Il Verri” uscito nel 1968 e dedicato in gran parte allo scrittore francese, Giuseppe Guglielmi, futuro traduttore e divulgatore dell’opera céliniana, si chiedeva, un po’ ironicamente ma non troppo, “Chi ha paura, oggi, di Louis- Ferdinand Céline ?” (era il numero 26 dalla direzione di Luciano Anceschi). Lo scrittore di Meudon era morto da pochi anni, nel 1961, appena dopo aver terminato l’ultimo volume della Trilogia della guerra, Rigodon (o è una leggenda anche questa? – la vita di Céline è tutta costellata di leggende più o meno provate, più o meno veritiere, più o meno costruite da lui stesso).

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